ANTONIO CRETELLA | All’indomani della schiacciante vittoria dei Tories, tra le critiche rivolte ai laburisti per la storica disfatta, vi è quella che imputa la débâcle all’eccessivo spostamento a sinistra, laddove, al contempo, i conservatori guadagnano un immenso consenso spostandosi sempre più a destra, tanto da fagocitare l’elettorato di Nigel Farage, rimasto sorprendentemente al palo. Impossibile non notare nella situazione delineatasi oltremanica un parallelismo con le analoghe vicende italiche: da un lato la sinistra impantanata sul giusto grado di sinistritudine da assumere, sempre attenta a non varcare determinate soglie ideologiche; dall’altro i sovranisti che si spingono senza remore alle soglie dell’eversione di destra senza destare alcuna preoccupazione e drenando il consenso qualunquista. L’asimmetria percettiva nei confronti dei due possibili spostamenti è evidente: operare nel campo ideologico della sinistra costringe anche chi è animato dalle più pure intenzioni a operare distinguo, dissociazioni, chiarimenti cautelativi, premesse e precisazioni atte a smorzare ogni eventuale, anche implicito, riferimento a posizioni vagamente marxiste-leniniste, mentre nel grande calderone della destra si passa dall’insulto elevato a criterio programmatico alle citazioni del Mein Kampf, passando per lo sdoganamento dell’antisemitismo e del razzismo. Quando proprio la dicono grossa, allora “voleva essere una provocazione”.
Le conseguenze sul piano comunicativo sono palesi: il messaggio di sinistra-non-troppo-di-sinistra richiede tre pagine anche solo per dire che l’acqua bagna, quello di destra ha bisogno di poche parole, a volte anche solo dei borborigmi della digestione per affermare con leggerezza concetti illegali, immorali o che fanno ingrassare senza che gliene si chieda di render conto, anzi, cercando masochisticamente canali di dialogo con i dotti esponenti dell’aerofagia politica.
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