MARIA FRANCESCA GERMANO | Cerco Il Palazzo del Casale a Matera. Mi hanno promesso un volo; UCCELLI. Esercizi di miracolo, esito del Progetto Clessidra – Teatro delle Forche, edizione speciale Matera 2019.
Mi aiuta un ragazzino nero. Nel bel mezzo del nulla, un sorriso bianchissimo. In un italiano impreciso mi dice che devo scendere una scala impervia in vegetazione e che lì, in quel posto tutto blu, stanno recitando da giorni.
Aristofane mi strizza l’occhio, e penso che sì, questa scena è la mia città possibile: un posto dove l’estraneo è di casa e ti indica la via.
Al Casale, il regista Gianluigi Gherzi, con una gioia includente che gli fa gli occhi come fessure, ci invita a dividerci in due gruppi. Lui è la nostra guida in un percorso esperienziale che si snoda in sei tappe, cinque città-stanze e il paesaggio materano pronto ad offrirci il volo in una specie di rito condiviso.
È la cifra stilistica di Clessidra, “il teatro a partire dai luoghi”: sperimentare poetiche innovative partendo dal paesaggio, non inteso come scenografia architettonica naturale ma come vero protagonista dell’azione teatrale. Muovendo da residenze artistiche affidate a registi noti, i progetti si insinuano nelle reti relazionali di questi luoghi, dando vita, dopo la raccolta di materiale antropico e testuale, a eventi teatrali davvero interessanti. Siamo già stati testimoni su PAC del suggestivo progetto Alberghi, una tremenda ostinazione, con la regia di Kepler 452.
Su una terrazza che guarda il paese illuminato, sotto il piumaggio di un mantello bianco, Erika Grillo indossa le sembianze di un curioso uccello. La voce rimpicciolita in un tono innocente, il viso disteso in una letizia epidemica; con ritmi e pause, come i verbi all’infinito delle connessioni con altre specie, ci guida in esercizi di miracolo. Attraversiamo le Elegie Duinesi di Rainer Maria Rilke dando un nome alle cose con la sacralità della parola. «Siamo qui forse per dire casa, ponte… porta»; il luogo, le cose assumono senso, esistono grazie alle nostre parole. Luoghi che resistono perché li affermiamo rendendoli persistenti. Semanticamente cose e luoghi: necessitano della nostra presenza per rivelarsi.
Sussurriamo versi di Danilo Dolci nell’orecchio del vicino: immaginiamo, vediamo, tocchiamo. Facciamo “esercizi di miracolo”.
Comincia così il nostro percorso teatrale. In cinque stanze, ciascuna abitata da un performer, innesti letterari creano l’architettura drammaturgica di cinque vibranti monologhi. Proiezioni e sonorizzazioni fanno da sostrato emotivo.
Nella prima stanza, Chiara Petillo, scalza, a gambe nude, con un vestitino bianco con dei volants, sembra spezzare il suo esile corpo volatile nel tentativo di attraversare proiezioni di gabbie, nel riff ipnotico di Super Zodiac. Gabbie contemporanee e reclusioni di ogni tipo. Ci colpiscono i suoi fremiti in battiti d’ali, l’uso del corpo nell’anelito di libertà. Nei momenti di tregua si mimetizza nella proiezione di Autoritratto di Van Gogh, recitando versi tratti dalle lettere dell’artista al fratello Theo dal manicomio di Saint Rémy.
Nella città dello spasso, illuminata dai toni caldi del giallo e dell’arancio, un tonico Giorgio Consoli, vestito dei colori dei giullari, ispirandosi ai racconti di George Saunders, tratti dalla raccolta Nel paese della persuasione, fa un’analisi al vetriolo della società contemporanea e dei suoi deliri cinici. Un’esilarante triste parodia di un’umanità allucinata e asservita a bisogni eterodiretti, inebetita dalla pubblicità e dalla indotta urgenza di spassarsela a tutti i costi.
Nella città dei cammini, Fabio Zullino, in maglietta e calzoncini bianchi, corre sul posto, sembra farsi largo in una natura proiettata in soggettiva. Aggancia La crociata dei bambini di Marcel Schwob per giungere poeticamente all’odissea dei migranti. L’aspirazione bambina a una città ideale, al di là del mare, si inabissa nei fondali delle nostre colpe adulte. Ad attendere invano, l’eremita di Schowb è l’omonimo scoglio su cui schiumano sogni bambini di libertà.
Ci colpisce molto il monologo di Ermelinda Nasuto. Tratto da un testo mitologico celtico di Stephens, il “gemello celeste” di Joyce – nati alla stessa ora, nello stesso giorno dello stesso anno – tratteggia l’irruzione di Pan, il temibile demone delle foreste, mezzo uomo e mezzo capro, sempre a caccia di ninfe, nella borghese normalità contemporanea. A scongiurare ogni forma di immedesimazione, in una stanza amorfa, su un pavimento anonimo, illuminata a giorno da una luce piatta di due lampadine, la Nasuto s’inabissa come puro istinto nelle sue profondità, si fa vita e si fa morte. Si contorce, trema, diventa terra e sangue. Accorda la voce in un ampio spettro di registri ed estensioni, eco e distorsioni.
È buio pesto nell’ultima stanza. Andrea Dellai prende in prestito le parole della esplosiva ballata antisistema della poetessa inglese Kate Tempest, Che mangino Caos. Nel buio di un’umida notte londinese persone inquiete non riescono a prender sonno. Reietti della società: una tossica, una badante, un alcolizzato, un barbone. La sua voce ci avvinghia nel buio, sentiamo il suo alito sul viso; il respiro del vicino si fa pesante. Ci colpisce con parole dure. Con temi potenti. Le sue urla frantumano l’oscurità e ci infilzano senza preavviso. Si incontreranno all’alba. Nel mezzo di una tempesta di pioggia e lacrime si abbracceranno. In un lirico finale, sul performer, che si auto-illumina nel buio con la luce bianca di una torcia, scenderà la pioggia. Sottile, persistente. Lo lasceremo lì, guardandoci indietro, steso in una pozzanghera con i vestiti fradici.
Un’operazione visionaria, notevole. Un lavoro interessante ed emotivamente molto coinvolgente; la polifonia di informazioni e il carattere tabulare della rappresentazione, frammentata in sequenze collegate a opere letterarie, in alcuni punti ci fa perdere il filo. Forse, piccoli espedienti, tesi ad amalgamare gli innesti letterari più ostici, ne agevolerebbero la visione.
In una promessa di rinascita, fuori, tra le note di Flautofonie di Stratos, con un sistema di tiranti si issano ali come vele; esistono modi nuovi di abitare le città, “linee di fuga e di utopia”, spazi di pratiche possibili per ridisegnare gli orizzonti.
Basta spiccare il volo, perché un volo è ancora possibile.
UCCELLI. Esercizi di miracolo
progetto Clessidra-Edizione Speciale
regia e drammaturgia Gianluigi Gherzi
assistente alla regia Erika Grillo
regia digitale e comunicazione visiva Alessandro Colazzo
attori-autori Giorgio Consoli, Andrea Dellai, Erika Grillo, Ermelinda Nasuto, Chiara Petillo, Fabio Zullino
disegno luci, scenografie e allestimenti Walter Pulpito
sonorizzazioni e allestimenti tecnici Angelo Piccinni e Vincenzo Dipierro
direzione artistica e organizzazione progetto Erika Grillo
a cura di Teatro delle Forche con Fondazione Matera Basilicata 2019
Palazzo del Casale, Matera
14 dicembre 2019