ANTONIO CRETELLA | Tra le figure retoriche l’ossimoro è forse quella che gode della maggiore fama sia in prosa che in poesia per la grande efficacia comunicativa del suo effetto straniante basato sull’impossibile raccordo di elementi contrapposti: quanto strazio induce l’idea di un “urlo silenzioso”, un grido che troncato sul nascere non può esprimersi; e quanta angoscia può suscitare l’idea di essere illuminati da una “luce oscura”.
Tale è la suggestione dell’ossimoro che nemmeno il linguaggio politico può farne a meno coniando espressioni come “sovranismo internazionale” per definire l’alleanza paneuropea dei gruppi politici ispirati a chiari principi di primato nazionale e di euroscetticismo. “Uniti per la separazione”, verrebbe da proporre come slogan e, al di là dei corteggiamenti formali tra i leader e i selfie sorridenti insieme, alla prova dei fatti un sovranista deve fare cose da sovranista: muoversi nel presunto interesse nazionale a discapito degli altri. Non c’è da stupirsi che i sovranisti olandesi rifiutino, mettendolo per iscritto, l’ipotesi di Eurobond per sostenere la crisi del coronavirus, nonostante i baciabbracci di pochi mesi fa tra Baudet e Meloni ai raduni di Atreju. Più difficile invece comprendere perché per i sovranisti italiani si lamentino della scarsa solidarietà in Europa quando a ben vedere tale mancanza è il frutto più maturo della perfetta aderenza ai loro principi. Ma d’altro canto, dicevamo, è appunto questo il fascino dell’ossimoro
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