RENZO FRANCABANDERA | B.MOTION è la sezione del festival Operaestate, ospitato a Bassano del Grappa, dedicata ai linguaggi del contemporaneo e agli artisti emergenti e declinata in tre sezioni: danza, teatro e musica. Si tiene ogni anno nella seconda metà di agosto, immaginato come punto d’incontro a livello internazionale per la scena emergente delle arti performative e consolidatosi negli anni grazie a una progettazione densa di spettacoli, incontri, residenze internazionali, approfondimenti.
Riuscire a non abdicare al ruolo di sostegno all’arte e allo spettacolo dal vivo è il motivo guida dell’edizione 2020, che cerca di mantenere, in questo contesto complesso, il suo ruolo di presidio e supporto a un’idea di creatività coltivata negli anni.

Una diretta streaming degli incontri di B.motion Danza

La città è sempre meravigliosa, va detto. E anche in questo tempo riesce ad attirare il turista occasionale. Certo imparagonabile alla movida degli anni scorsi, in questa romantica città del vicentino che ricorda ormai nell’immaginario collettivo, più del monte, il celebre distillato. E in fondo il territorio è connotato, tanto che alcuni degli spettacoli del festival si tengono da alcuni anni nel garage di una delle più note aziende produttrici.

Cosa ho visto: in diretta streaming ho seguito una parte degli eventi di B.motion Danza, attraverso l’egregio lavoro di programmazione online dal festival per coloro che non hanno potuto essere presenti; dal vivo, invece, alcuni degli eventi dell’edizione di B.motion Teatro nel weekend appena conclusosi.
L’impressione è, per un verso, quella di un radicamento tenace sul territorio, ma per altro anche di una presenza riconosciuta in un contesto nazionale e internazionale.
B.motion danza è da anni, grazie a numerose collaborazioni in progetti di dialogo fra le realtà della danza mondiale, un punto di incontro di una generazione di coreografi e praticanti del linguaggio coreutico.
Questa edizione, in gran parte sviluppata online, ha permesso a molti di partecipare agli incontri con gli artisti ospiti e gli operatori in collegamento da altre nazioni, ma anche di assistere agli spettacoli, con riprese e modalità tecniche di rara qualità, forse le migliori fra quelle proposte dai vari festival estivi finora svoltisi.
Significativo per la comunità il lavoro sui gesti quotidiani proposto da Masako Matsushita che ha unito le risultanze dei diari dei cittadini di Bassano e si è concluso con una commovente coreografia che li riuniva in una sorta di enciclopedia del segno danzato, dalla sua origine possibile nel quotidiano alla sua dimensione astratta e poetica. L’artista ha donato alla città il suo lavoro e la raccolta dei materiali.

Si è potuto vedere in streaming anche Dialogo Terzo: In a Landscape, il nuovo lavoro frutto dell’incontro fra Alessandro Sciarroni e CollettivO CineticO, nato dalla proposta del Collettivo al coreografo per una nuova creazione. Viene scelta per la creazione lo stesso titolo di un brano di John Cage di atmosfera ambient, composto per «calmare la mente e aprirla ad influenze divine».
Anche in questa creazione Sciarroni cerca qualcosa di «leggero e misterioso nell’ostinazione della ripetizione, qualcosa che sembra avere un’energia opposta rispetto alla pazienza, alla fatica, e all’ostinazione dell’azione che si sta per compiere».
Se per certi versi lo spettacolo rimanda alle pratiche insistite già presenti in quasi tutte le creazioni del coreografo, quasi un tentativo di trance dello sguardo, per altro la combinazione creativa, che questa volta usa l’elemento dell’hula hop, si affaccia di nuovo su un pensiero combinatorio dell’elemento ludico, quasi infantile, con il tema coreografico, ma anche su astrazioni relazionali.

In a landscape – Alessandro Sciarroni e Collettiv0 Cinetic0

Si crea ancora una volta un ambiente, tanto sonoro quanto estetico, sintentico, geometrico, di corpi che quasi svaniscono nell’esercizio ma che al contempo si esaltano della presenza oggettuale, nell’utilizzo esteso e costante dei ridotti ma non pochi movimenti del corpo che il celebre cerchio consente.
Il luogo è un indefinibile spazio temporale, così come la composizione musicale, che accompagna la creazione e che rimanda ad astratte sonorità ambient. Ne deriva un pregevole e armonico lavoro di pensiero sul collettivo e di eleganti rapporti di dialogo fra singolo e plurale, in una danza costretta e composta, mai ginnica e sempre affacciata su una concettualità lasciata al sentire dello spettatore.
Bellissime le riprese favorite online dal Festival, che rendono merito alla creazione permettendo anche visioni dall’alto, rare quanto pregevoli.

Andiamo al weekend successivo, quello di B.motion teatro, per una panoramica degli spettacoli cui abbiamo potuto assistere, pur flagellati dal maltempo.
Iniziamo dallo studio proposto da Marco D’Agostin del suo Best regards. Il titolo allude alla rituale forma di saluto con cui si concludono tipicamente le lettere in inglese.
Sul fondo della scena una tenda luminosa che permette la creazione di scritte mobili, e dietro cui l’artista tiene pochi oggetti che tornano utili in un racconto-tributo sotto forma di lettera a Nigel Charnock – incontrato anni fa proprio a Bassano in un laboratorio – performer e coreografo, i cui spettacoli sono ricordati come esplosioni ipercinetiche, e scomparso nel 2012 a soli 52 anni. Tra i fondatori dei DV8 negli anni ’80, dal folgorante esordio con My sex: our dance.

Ph. Roberta Segata

Lo spunto narrativo nasce attorno al tema della comunicazione epistolare e al rapporto personale del danzatore italiano vissuto con l’artista e riletto attraverso questa simbolica lettera. Le parole scritte e inviate con il vecchio mezzo della posta.
D’Agostin racconta, all’inizio, della sua conoscenza con l’eccentrico e talentuoso coreografo, occorso proprio a Bassano, e di lì in poi, collega la sua vicenda a quella di altri scrittori e artisti che hanno utilizzato le epistole per comunicare.
Dopo questo incipit parlato, inizia l’azione danzata dal performer che, in medley emotivo canoro, ripercorre una sorta di enciclopedia creativa nata dal folgorante incontro con la vigorosa e vivificante presenza di Charnock. Il flusso ritorna al tema epistolare atterrando su una lettera di Chiara Bersani indirizzata ai presenti, all’artista e, in fondo, allo spettacolo stesso, e con un invito di D’Agostin al pubblico a cantare in loop una strofa del brano da lui dedicato all’artista.
Questa creazione sembra collegarsi al precedente dedicato alla fondista Stefania Belmondo, e che per certi versi riecheggia in questo, tanto che c’è in qualche modo la sensazione che  D’Agostin si preoccupi di non replicarne la struttura narrativa.
D
opo l’efficace introduzione sul tema dell’epistola, lo spettacolo si amplia in una parte di azione gestuale unita al testo in inglese che scorre sulla tenda luminosa, di cui si comprendono le intenzioni di partenza.
Con l’andare del narrato coreuticoil lavoro si fa  un po’ più criptico nei suoi rimandi al vissuto soggettivo, tema su cui ancora c’è del lavoro da fare per amalgamare le parti e unificarle in una parabola di senso capace di andare profondamente dal palco alla platea, e che si completi effettivamente fondandosi su quelli che già ora appaiono spunti di efficacissima intensità.

Corriamo poi con la accudente presenza della direttrice artistica Rosa Scapin al Remondini, da Mariano Dammacco per il suo Spezzato è il cuore della bellezza. Modificato probabilmente nelle intenzioni originarie dalle necessità produttive post Covid, la creazione propone lo stilema registico attorale già sperimentato dentro la Piccola Compagnia Dammacco dal regista e dalla sua mai deludente interprete, attraverso la costruzione di personaggi maschera, quasi a cercare una commedia umana della società. Su questa, sulle sue deformazioni socio-relazionali, si costruiscono le drammaturgie del regista-drammaturgo, qui alle prese con la fine di una storia d’amore maturo e l’arrivo nella vita di lui di una figura terza.

Ph Luca del Pia

Il “lui” viene in realtà narrato attraverso la reazione delle due donne agli eventi, entrambe interpretate dalla Balivo in una struttura drammaturgica a sequenze intervallate da alcuni siparietti danzati da due figure in maschera, che sono lo stesso Mariano Dammacco ed Erica Galante. Nell’azione dei travestimenti della Balivo e delle figure mascherate, alcuni attributi passano da uno all’altro dei personaggi, come a creare una mescolanza di identità che mira ad amplificare l’effetto tragicomico del registro con cui viene narrato questo finire di relazione. Viene evocata la morte, intesa come momento di distacco definitivo fra i due vecchi partner, legata proprio al momento in cui lei decide di andare di nuovo a letto con lui. E lì finisce tutto, nonostante il bellissimo finale con cui racconta all’altra di quanto cercare di evitare la fine di una storia sia un tentativo quotidiano di scampare al naufragio.
Anche in questo lavoro, maturato nella residenza estiva all’Arboreto, qualcosa resta da definire nell’impianto drammaturgico e nel ritmo del lavoro che, nella parte che prelude al notevolissimo finale, perde un po’ il filo.

Il sabato sotto il diluvio andiamo prima da Babilonia Teatri per Natura Morta, poi a sentire Marta Cuscunà che con gli altri membri del suo gruppo di lavoro ci racconta il making of del suo prossimo lavoro |EARTHBOUND|, e infine da Berardi Casolari per I figli della frettolosa.

La compagnia veronese composta da Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, avrebbe dovuto dar vita ad uno spettacolo che coinvolgeva un gruppo di bambini. Invece anche in questo caso la pandemia ha stravolto i piani e così lo spettacolo, eliminati gli interpreti in scena, è tutto fruito dal pubblico, in presenza, attraverso i loro smartphone, nello scorrere di un testo di trecento frasi circa che condensano le riflessioni del duo, il legame tra vita reale, vita digitale, restrizioni e possibilità. È uno scorrere di testo che lascia pensare, che interroga lo spettatore-lettore, fino a un finale che, come l’inizio, prevede una veloce comparsata umana. Babilonia ripropone lo stratagemma della parata umana, affidando il finale a muscolosi e fascinanti body builder. Saranno loro quelli che si prenderanno la scena? Sopravviveranno solo i forzosi, quelli pompati dagli altri medium e che confezioneranno spettacolini para esibizionistici per un linguaggio evidentemente in crisi di identità e possibilità? In questo esodo dal reale al virtuale, che sta mutando il modo di vivere, di conoscere, di relazionarsi, esiste uno spazio di sopravvivenza per il teatro come momento di presenza e compresenza rituale sui grandi interrogativi del vivere?
Sentiamo il vuoto, li leggiamo su uno smartphone privati del rito e accompagnati dal bip di quelli che hanno l’avvisatura dei messaggi Whatsapp; restiamo con questi umidi interrogativi di Babilonia Teatri addosso. E per la gran parte li condividiamo.

La serata propone poi una sorta di “dietro le quinte” del nuovo progetto di Marta Cuscunà.
Come noto, l’artista da diversi anni lavora con un gruppo di professionisti che la hanno accompagnata dapprima in un percorso di ricerca sul muppet, la maschera in scena, e poi verso la meccanica oggettuale. Tutto questo si è fuso con una poetica in una ricerca sulle espressioni della cultura di genere e del femminile unita al tema della robotica in scena, sostenuta anche da progetti europei che hanno messo in contatto il collettivo creativo con altre realtà europee attive nello specifico comparto di indagine, favorendo la mobilità e gli interscambi.

Non scontanto ma possibile che tutto questo indagare su tecnica e linguaggio, mescolando suggestioni letterarie, artistiche, arrivasse poi a generare uno spettacolo di fantascienza, che debutterà a Gennaio prossimo a Cesena, in cui gli universi possibili diventano espressione di proiezione utopica.
La condivisione del processo creativo, intesa come approfondimento sui temi trattati, la ricerca, i prototipi, la scrittura, è ingrediente che dà vita ad una conferenza piacevole, che stimola la curiosità dei futuri spettatori e che questo tipo di creazioni forse ha anche bisogno di trovare, perchè è proprio in questo rendere chiaro il percorso che ulteriormente si fa leggibile la traiettoria poetica della Cuscunà e del suo gruppo di lavoro, nell’incrocio fra linguaggio e technè.

Earthbound si ispira tanto alla poetica fantascientifica di Donna Haraway, quanto alle creazioni di Patricia Piccinini, che aveva trasformato il padiglione australiano alla Biennale di Venezia in un luogo abitato da ideali figure transgeniche, ibridazioni di specie viventi inesistenti ma realissime nella sua resa scultorea, che portano in sè un patrimonio genetico frutto della summa della vita sul pianeta. Sarà questo il futuro delle specie viventi in un ambiente che sarà sempre più ostile alla vita sul pianeta, per via delle scelte suicide degli umani? La Cuscunà si interroga sui futuri possibili, incuriosendoci.

È mancato il tempo di un confronto con il pubblico, perchè troppo a ridosso del successivo evento, spostato anche questo al Remondini per il maltempo.
Parliamo de I Figli della frettolosa, spettacolo della Compagnia Berardi-Casolari che affronta il tema della cecità e del senso che ha oggi la parola ‘vedere’ e di cui sono protagonisti il duo accompagnato da un ampio numero di partecipanti locali ad una attività laboratoriale.
Anche per Berardi e Casolari la città di Bassano è stata un crocevia perchè è qui che quasi venti anni fa i due si sono conosciuti. E qui tornano a proporre uno spettacolo sul tema dello sguardo, interpretato tutto da non vedenti, e aperto da una processione di ciechi che ci riporta alla mente La parabola dei ciechi di Bruegel il Vecchio conservata a Capodimonte. Lì era una parata di stolti senza direzione e in caduta libera. Qui l’idea di fondo è diametralmente diversa.

A cosa porta tutto il nostro vedere, se nonostante il bombardamento di immagini a cui siamo sottoposti, poi non abbiamo tempo di osservare, di conoscere davvero?
Cosa significa conoscere?
Il punto di partenza delle riflessioni di Berardi e Casolari coincidono con quelle di un gruppo di ciechi, di chi guarda ma non vede, di chi percepisce differentemente. Le loro storie, le loro abilità, il loro muoversi nel buio della conoscenza.
Nonostante l’ostensione della cecità potrebbe rivelarsi didascalica e “pelosa”, in realtà la messa in scena (a parte un, a nostro avviso, inutile appoggio finale) non solo è fondamentalmente scevro da ovvietà retoriche, ma in fin dei conti si rivela come una delle creazioni più equilibrate e compiute della compagnia fra quelle proposte negli ultimi anni.
La narrazione delle esperienze di vita reale, fisica, diventa traslazione metaforica della miopia sociale ed esistenziale di cui siamo protagonisti noi vedenti al di qua del palco, e alla fine veniamo portati a spasso non solo figurativamente ma anche fattualmente da questi non vedenti in scena. Un’esperienza profonda e interessante che, al netto di qualche piccola lungaggine qui e lì, diverte ma facendoci davvero osservare il possibile altrove, per la nostra società ora smarrita e insicura, e che forse ha bisogno di cominciare a credere a Tiresia, capace di vedere ciò che è vero, ma che nessun’altro vede.
Il progetto ha coinvolto con il supporto dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti un gruppo di persone non vedenti ed ipovedenti del territorio, in scena insieme agli attori della compagnia, nel tentativo, riuscito, di creare reti e collaborazioni tra teatri e istituzioni, ma soprattutto tra persone.

BEST REGARDS

un progetto di e con Marco D’Agostin
ricerca sonora LSKA
consulenza scientifica The Nigel Charnok Archive Roberto Casarotto
consulenza drammaturgica Chiara Bersani, Tabea Martin
movement coach Marta Ciappina
vocal coach Melanie Pappenheim
luci Giulia Pastore
direzione tecnica Paolo Tizianel
cura e promozione Marco Villari
produzione VAN
coproduzione CCN2 de Grenoble, Rencontres chorégraphiques de Seine Saint-Denis, KLAP Maison pour la danse à Marseille con il supporto di Centrale Fies, CSC/Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa, Crossing the Sea

SPEZZATO È IL CUORE DELLA BELLEZZA

con Serena Balivo, Mariano Dammacco, Erica Galante
disegno luci Stella Monesi
ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco
produzione Piccola Compagnia Dammacco / Infinito srl
con il sostegno di Mibact e di L’arboreto- Teatro Dimora | La Corte Ospitale – Centro di residenza Emilia-Romagna | Centro di Residenza della Toscana (Armunia – Capo- Trave/kwatt) e con la coproduzione di Operaestate Festival Veneto

NATURA MORTA

di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
produzione Babilonia Teatri e La Piccionaia – Centro di produzione teatrale
co-produzione  B.motion

(MAKING OF) EARTHBOUND

con Marta Cuscunà, Paola Villani, Marco Rogante, Giacomo Raffaelli

DIALOGO TERZO: IN A LANDSCAPE

coreografia e regia Alessandro Sciarroni
azione e creazione Simone Arganini, Margherita Elliot, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Francesca Pennini, Stefano Sardi
coproduzione CollettivO CineticO, Aperto Festival – Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale di Ferrara, Operaestate Festival Veneto/ CSC, Marche Teatro, Centrale Fies – art work space
con il sostegno di MIBACT, Regione Emilia Romagna

I FIGLI DELLA FRETTOLOSA

testo e regia Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari
con Gianfranco Berardi, Gabriella Casolari, Ludovico d’Agostino, Flavia Neri e con il coro di attori non vedenti e ipovedenti
luci Matteo Crespi
assistente alla regia Matteo Ghidella
produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, Sardegna Teatro, Teatro dell’Elfo con il contributo di Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti