RENZO FRANCABANDERA | Partiamo dal teatro. Ripartiamo dal teatro: il 4 ottobre s’inaugura ufficialmente a Bari il nuovo Teatro Kismet, recentemente ristrutturato con una sala da 400 posti, riaperta poco prima della pandemia e chiusa dopo soli due mesi. C’eravamo nella sera del tutto esaurito per Emma Dante, in cui il pubblico non voleva lasciare lo spazio teatrale. Ma dopo cinque giorni l’Italia ha chiuso per pandemia.
Riprogrammare, ripensare, riorganizzare è ora l’impegno di chi dirige i teatri.
S’inizia con un debutto nazionale: 1 e 95, coproduzione Teatri di Bari e Elsinor centro di produzione teatrale. Uno stand-up comedy show del giovane talento pugliese Giuseppe Scoditti. Lo spettacolo sarà in replica a Bari 11 e 18 ottobre e dal 23 al 24 ottobre a Monopoli al Teatro Radar e poi il 25 ottobre alla Cittadella degli Artisti.
Ma, fra i giovani talenti locali e i nomi importanti della scena nazionale nella seconda parte della stagione, il Tric – Teatri di Bari non si dedicherà solo alla prosa. Il bisogno di fare rete, mai così forte, fa nascere nuove collaborazioni progettuali, che si affiancano a quelle già consolidate: Time Zones – Sulla Via Delle Musiche Possibili, DAB Danza a Bari, Esplorare – Festival di danza di Altradanza, Ritratti Festival, Prospero Fest, RKO, I nuovi scalzi, Bug, Crest, Microsolco, Kuziba Teatro, Alternativa events (Sziget Italia), Casa Teatro e il nuovo progetto La magnifica stagione ritrovata con i Malalingua e il Teatro Hermitage di Molfetta.
Un mosaico importante e che vivifica il suo rapporto con il territorio anche attraverso il progetto Periferie Creative tra i quartieri San Paolo, San Girolamo-Fesca e Japigia di Bari, nell’ambito dell’avviso pubblico Periferie al centro del Teatro Pubblico Pugliese, che mira a rivalutare questi luoghi periferici del capoluogo pugliese con una programmazione di laboratori e spettacoli dal vivo.
Abbiamo intervistato Teresa Ludovico, regista presso il Kismet e curatrice delle stagioni teatrali.
Teresa, basterà dire “Riapriti Sesamo!” per far ripartire i teatri o pensi che riportare il pubblico in sala sarà complesso in questa prossima stagione? Questi mesi hanno costretto ad occuparci di psicologia della relazione fruitiva. Tu che idea ti sei fatta del rapporto fra artisti, spettatori e teatro nei mesi post lockdown?
La paura, più che il reale pericolo del contagio, potrebbe scoraggiare il pubblico a tornare nelle sale teatrali. Tuttavia credo che, soprattutto per quelle realtà artistiche che negli anni hanno consolidato un rapporto diretto e di fiducia con il loro pubblico, ci dovrebbe essere una buona risposta agli eventi. Abbiamo organizzato, a metà settembre, una piccola rassegna dedicata alle famiglie con spettacoli e attività ludiche e abbiamo avuto una bella partecipazione.
Kismet a inizio 2020 aveva appena riaperto dopo i grandi lavori di ristrutturazione, e invece la chiusura ha imposto un ripensamento di strategie. peraltro nello stesso periodo si è conclusa una partnership operativa sul territorio che era stata viva per qualche tempo… Da dove ripartirete?
In realtà, nonostante la chiusura imposta dalle disposizioni nazionali degli spazi teatrali, non ci siamo fermati. Abbiamo approfittato per studiare e mettere in cantiere nuovi progetti produttivi. Il progetto dei Teatri di Bari riparte con una visione costruita su nuove fondamentali linee che ci guideranno: multidiscipinarietà, ricerca, sociale, formazione, maestri e giovani generazioni. «Non c’è fine e non c’è inizio, c’è solo l’infinita passione per la vita»; cito Fellini da cui abbiamo preso il titolo della stagione E la nave va.
Tu come persona in che modo stai vivendo il rapporto con l’essere artista? Cosa significa oggi esserlo? Cosa “bisogna inventarsi”?
Essere artisti, per me, è una scelta di vita, una necessità che prescinde da qualsiasi momento storico, crisi o impedimento. Anzi, proprio in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, diventa più importante un impegno quotidiano degli artisti che con la loro visionarietà possono aprire strade e disegnare orizzonti.
Ci parli dei programmi e dei progetti di Kismet per i prossimi mesi?
Il Tric pugliese riparte, ad ottobre, con una nuova programmazione nel teatro Kismet di Bari, nel teatro Radar di Monopoli, nella Cittadella degli artisti di Molfetta e nella Saletta dell’istituto minorile Fornelli.
Fino a dicembre presenteremo soprattutto nostre produzioni/coproduzioni come 1 e 95 una stand-up comedy show di e con Giuseppe Scoditti scritto da Ludovico D’Agostino e Giuseppe Scoditti, Sammmarzano con la regia di Ivano Picciallo finalista premio scenario periferie 2019; Quanto basta di Alessandro Piva e Invettive di e con Concita De Gregorio con la mia regia; un omaggio ai maestri Tonino Guerra, con un racconto in musica sulla sua Odissea, e poi al fondatore della compagnia Kismet, Carlo Formigoni con Strano delitto a Shanghai.
Da gennaio sono previsti spettacoli di artisti come Rezza/Mastrella, Roberto Latini, Alessandro Serra e Emilio Solfrizzi: ospiteremo parte della stagione di teatro e danza del comune di Bari organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese, Time Zones storica rassegna musicale diretta da Daniele Trevisi. Nel 2021 riprogrammeremo la rassegna con noti scrittori contemporanei curata dal nostro presidente onorario Nicola La Gioia, e poi Esplorare, una rassegna dedicata alla danza organizzata dal coreografo Domenico Iannone.
Avvieremo anche molti progetti formativi dedicati ai bambini, per i quali sono previsti spettacoli scolastici e pomeridiani. Un anno che prevede circa 600 eventi. TRIC- Teatri di Bari è anche una radio ubicata nel foyer del kismet: RKO-La radio che si vede, diretta da Carlo Chicco e Paola Pagone.
Secondo alcuni operatori, quelli che subiranno maggior danno dalla situazione presente saranno le piccole compagnie di giro, che non potranno più circuitare a livello nazionale, tante piccole repliche fatte qui e lì, e che il circuito si ridurrà di raggio, costringendo ad una circuitazione al più macroregionale. Per te che sei una regista che ancora lavora per molto tempo all’anno in Giappone e fuori dall’Italia, pensi che questa riduzione del raggio di circuitazione possa portare ad una svolta conservatrice e banalizzante nel linguaggio della scena?
Il teatro per me è movimento, incontro, contaminazione di linguaggi, di culture; è assorbire e restituire la specificità dei luoghi e della gente che si incontra. Questo viaggiare allarga lo sguardo, fa circolare idee, rinnova modalità espressive, si innesta nel presente e vivifica il teatro e le creazioni. Spero che la riduzione del raggio di circuitazione sia temporanea.
Ti senti ancora innamorata del teatro come lo eri quando hai iniziato? Quali sono state le figure importanti di quegli anni per te e quali sono quelle del tuo oggi?
Spesso ho la senzazione che tutto deve ancora accadere. Stesso amore, patemi e tremori di quando ho iniziato. Ancora di più, forse perchè c’è più consapevolezza. Faro nella mia formazione è stato Eugenio Barba con il suo teatro fisico, antropologico e con la straordinaria esperienza dell’ISTA. Oltre a Leo de Berardinis, Pina Bausch, Teatro Nucleo di Ferrara e l’Accademia Ruchu polacca.
Seguo con passione i processi creativi di artisti come Jan Fabre, Antonio Latella, Emma Dante, Mimmo Borrelli, Declan Donnellan e Milo Rau.
Come si fa a dare agli artisti delle generazioni successive alla propria la possibilità di mettersi alla prova in questo scenario ancora più complesso? Tu su questo specifico tema cosa fai?
Un modo credo sia quello di accogliere le loro proposte, sostenendoli nella creazione, programmando le loro opere e dando fiducia. Teatri di Bari da sempre fanno tutto questo.