LEONARDO DELFANTI | Finalmente anche in Grecia si torna a teatro! Dopo una lunga pausa in cui il mondo della cultura ellenica ha sofferto le stesse pene, se non di più, di quelle che la compagine nostrana ha dovuto affrontare, il pubblico torna in sala (a questo proposito rimandiamo all’intervista di Gilda Tentorio alla regista e drammaturga Avra Sidiropoulos).
L’occasione per osservare più da vicino strategie e compromessi per far sì che l’arte torni nella vita culturale ateniese è il Festival di Atene-Epidauro. Gli eventi portati avanti ininterrottamente (pandemia compresa) da 66 anni, sono ospitati in teatri antichi – come quello di Epidauro e l’anfiteatro di Erode Attico ai piedi dell’Acropoli. Ma per trovare la vivacità più creativa della scena ateniese e internazionale lo spazio di elezione è la poderosa ex-area industriale dismessa di via Pireòs 260, fuori dal centro turistico ma ancora nel cuore pulsante di Atene. Qui è andato in scena Roots – Transmission, cavallo di battaglia portato in tutto il mondo del coreografo francese Kader Attou.
Roots – Transmission sigla il ciclo Layers of Street, un insieme di eventi urbani volti a svelare il mondo della danza hip hop e della street dance fondendo assieme l’esperienza di Attou, oggi direttore del centro coreografico di La Rochelle, della sua compagnia Accrorap e della vibrante scena off ateniese. Non di rado, infatti, camminando per le vie di Atene, vi capiterà di osservare “battle dance” magari all’ombra della libreria di Adriano a Monastiraki o del templio di Efesto.
Lo spettacolo, dunque, è frutto di due settimane pagate di prove e incontri tecnici, tra professionisti del mondo hip-hop francese e ballerini-acrobati greci per un totale di sedici persone in scena. Una scelta che, nelle parole della direttrice Katerina Evangelatos, vuole «abbracciare il pubblico giovanile e supportare la ricerca nel campo delle arti performative».
Fedele all’idea che l’hip hop sia un movimento che connette diversi stili tra loro, Attou ha voluto portare al pubblico non tanto la sua ventennale esperienza personale di hip hop tra tecnica circense, flamenco, kathak e danza contemporanea, quanto incoraggiare l’espressività dei singoli artisti ellenici.
Pertanto, le “radici” dell’opera sono quelle del coreografo: un’infanzia colma di show televisivi americani come H.I.P. H.O.P, lezioni di american boxing-style e l’intimità della propria stanza, spazio di crescita personale per antonomasia; i rami o, volendo restare fedeli al titolo, le “trasmissioni”, sono le venti scene proposte. Queste si sviluppano da una parte nell’individualità gestuale del singolo artista e dall’altra traggono forza da lampi di coralità. Accade così che a momenti di pura break-dance o danza contemporanea si alternino spazi di vibrante collettività, ottimo floorwork e prese di altissimo pregio.
Il fulcro resta sempre il gesto coreutico. I danzatori, infatti, non paiono essere scelti secondo criteri estetici: etnie, altezze e acconciature si confondono grazie anche a un abbigliamento volto alla pragmaticità del gesto: sneakers, pantaloni e t-shirt opachi come i toni pastello che passano di scena in scena sullo schermo di sfondo. Se non fosse per la transumanza del branco tra una quinta e l’altra, il palco parrebbe un deserto piatto.
In questo crocevia culturale il tappeto sonoro scelto dal coreografo si installa alla perfezione: Brahms, musica elettronica e il cantautorato francese di Colette Magny, in una scena bilanciata da una poltrona con l’alternanza dei corpi che vi girano, saltano e nascondono attorno solidificano la percezione intimistica che Attou cerca. L’azzardo, data la totale mancanza di un piano narrativo se non la rievocazione del gesto coreutico originario, funziona.
Tutti gli otto uomini e le otto donne hanno dato prova di gestire la scena con eccezionale professionalità. L’energia sprigionata da quest’ora di pura danza non ha lasciato indifferente il pubblico che, alla fine della performance ha restituito la passione dimostrata con ben cinque minuti ininterrotti di applausi.
Il merito di tanto affetto va, da una parte ad Attou, il quale è riuscito a coordinare nel breve tempo a sua disposizione un gruppo affiatatissimo di ballerini, dall’altra alla direzione del Festival che è stata capace di donare l’esperienza del teatro nonostante tutte le misure sanitarie richieste.
Tramite l’utilizzo della biglietteria digitale, un’attenta gestione del flusso del pubblico e un’accurata disposizione delle sedie in sala, resa possibile dagli enormi spazi offerti dal complesso industriale prescelto come sede, il Festival di Epidauro ha riportato a teatro centinaia di persone solo nella prima di The Roots – Transmission.
Può dunque dirsi un’operazione di successo quella promossa dal Festival che per tutta l’estate continuerà a ospitare performance provenienti dal panorama internazionale e non, al fine di legare l’attività culturale sul territorio alla formazione degli artisti greci in un’ottica di rilancio e sviluppo dell’economia culturale ateniese.
ROOTS – TRANSMISSION
artistic direction – Conception – Choreography Kader Attou
collaborating artist Babacar Cisse
original sound investment Régis Baillet – Diaphane, with extra music
lighting Fabrice Crouzet
costumes Nadia Genez
scenery Olivier Borne
interpret Rania Ainiti, Angelos Apostolidis, Irini Damianidou, Klodison Doci, Manto Nosti, Giannis Economidis, Aidi Ormeni, Antonia Pitoulidou, Nina-Noutsa Poulouzasvili, Alexandros Stavropoulos, Nadia Tomazenko, Katerina Charida, Katerian Cherat
co-organization Company DK-BEL
co-production Rochelle National Choreographic Center / Poitou-Charentes, La Coursive – Rochelle National Stage, MA Scène Nationale – Pays de Montbéliard
Support from Châteauvallon – National Center for the Creation and Promotion of Culture, as part of a hosting program
Atene, Pireus 260
5 giugno 2021