RENZO FRANCABANDERA | Napoli. Teatro Bellini. Per la ripresa di Settembre del Campania Teatro Festival 2021 è stato proposto al pubblico Aucune idée (Nessuna idea) del celebre regista svizzero Christoph Marthaler, che vede in scena l’attore-cantante scozzese Graham F. Valentine. Una coproduzione del Festival.
Amici e complici in teatro dagli anni ’70, Marthaler e Valentine condividono lo stesso gusto per il teatro di stile faceto. La cronaca racconta che per caso, un giorno, all’alba degli anni Settanta, l’allora giovane Graham bussò alla porta della pensione gestita dai Marthalers a Zurigo.
Da allora, Graham F. Valentine è diventato gradualmente, di spettacolo in spettacolo, una sorta di figura feticcio, capace di rendere la ambivalente cifra comica e tragica di queste comunità oziose e quasi sollevate dal ritmo forsennato del reale, ordinate musicalmente da Christoph Marthaler (ricordiamo infatti che dopo aver lavorato a lungo come musicista teatrale in Germania, fu chiamato nel 1989 al Teatro di Basilea, dove cominciò la fortunata attività di regista teatrale).
Valentine è una sorta di maggiordomo, impassibile maestro di cerimonie o coordinatore incapace, quale risulta proprio nel suo agire scenico.
I due si sono trasferiti a Vidy per alcune settimane lo scorso giugno per creare un nuovo spettacolo insieme, con il musicista zurighese, violista da gamba e violoncellista barocco Martin Zeller.
Una collaborazione che mira, in scena, a celebrare i poteri vitali che si celano dietro i nostri piccoli errori e i nostri grandi fallimenti, per una creazione che, come in fondo molta della creazione del regista, si apre a un mondo che flirta con le linee dell’assurdo.
Il pubblico dell’allora denominato Napoli Teatro Festival aveva già potuto confrontarsi con l’estetica del maestro nel 2009 con Riesenbutzbach. Eine Dauerkolonie, incentrato sulla paura dell’altro e dello straniero, diventato l’incubo la vita dei cittadini europei.
Anche in quel caso un’ambientazione minimalista, allora creata da Anna Viebrock, mentre qui il disegno scenico è di Duri Bischoff.
Ma l’estetica di fondo è analoga: quello che potrebbe essere un anonimo interno di un caseggiato della ex DDR, triste e anonimo, senza alcun decoro o orpello. Senza tecnologie, luci, sbrilluccichii. Un triste termosifone a sinistra. Una cassetta delle lettere in metallo neanche laccato a destra, e poi una serie di porte che si aprono sull’interno.
Allora, nel 2009 erano dodici gli artisti, fra attori e musicisti, che si muovevano in una dimensione in cui ogni luogo, persona e gesto erano continuamente sottoposti a controllo, con la scena popolata di telecamere a circuito chiuso, antifurti e recinzioni di sicurezza, mentre ogni personaggio era un informatore corrotto, che spiava e sorvegliava le azioni degli altri.
Gli attori dei suoi spettacoli, allora come ora, recitano situazioni ed emozioni sfaldate, al limite del logoramento umano, fra noia e indecisione, fra dubbi e sospensioni. I personaggi in scena nei suoi spettacoli quasi mai completano dialoghi di senso. Agiscono lo spazio in modo nevrotico, portando in scena quell’universo fastidioso di tic, assilli, pause che vivono dentro ognuno.
Mai le creazioni di Marthaler prendono ritmi capaci di assecondare la vorticosità con cui fruiamo la vita nella modalità social. Nel suo universo è tutto rallentato, esasperante, lento. Le chiavi che si cerca di infilare nella cassetta della posta mentre abbiamo altre cose in mano cadono non una, ma due, tre, cinque volte. E poi una volta aperta la cassetta è vuota, salvo poi iniziare a diventare la bocca di un drago che sputa fuori bibbie o volantini pubblicitari del supermercato senza differenza.
Tutto in Alcune idée contribuisce all’incrocio esasperante fra parole, canti e farse, per affrontare il tema dello scollamento, di quando ci si distacca dalla realtà, alla natura ereditaria delle nostre deficienze. Dall’utilizzo globalizzato e finto di varie lingue alle geografie di vicinato saltate, dagli scioglilingua interminabili che durano 15 minuti e declamati con piglio futurista fino ai luoghi labirinto in cui i protagonisti si perdono tra lucidità esistenziale e malizia infantile (e naturalmente, nella musica) tutto contribuisce a chiarire il tema centrale dell’allestimento.
Come si ribadisce nelle note allo spettacolo della pagina dedicata del Teatro di Losanna «Ecco un uomo che vive in una via di mezzo con più porte dove l’esterno e l’interno si fondono; un luogo di confusione e quartiere casuale, casa e comfort, aspettative e problemi pieni di melodie, di scherzi e problemi ordinari. Il ridicolo accanto all’assurdo, le notizie dall’esterno hanno l’aria della pubblicità o degli indovinelli, e Bach si mescola alla pompa dei titoli di coda. È Franz Kafka al teatro di boulevard e le sue porte sbattute, il dilettante delle costrizioni Georges Perec che canticchia da Marin Marais, l’hobbista Kurt Schwitters in giacca e cravatta: siamo da Graham F. Valentine o dal suo alter ego, e lui diventa il portiere o guida del suo atterraggio – o del suo cervello? – multiplo e corale da solo».
Il tutto, aggiungiamo noi, ovviamente condito da una crudele, quasi sadica lentezza e ripetitività, che ora diventa ironia nella mente dello spettatore, ora noia, ora irritante rispecchio di quanto siamo noiosi noi. Ma, questo, Marthaler non può dirlo. E quindi ci lascia provare il clamoroso fastidio di rispecchiarci, ma magari intonandolo su una suite per violoncello di Bach, o una ouverture di Wagner.
Sciocca dunque arriverebbe la rituale domanda che all’uscita di spettacoli del genere arriva al critico e che suona:”Ti è piaciuto?”.
In primis perchè il piacere non è cosa che rileva nel rapporto con i segni dell’arte analizzati dal punto di vista del linguaggio. Ma al più la novità, la coerenza, il corretto intreccio dei segni. In secondo luogo perchè il piacere ha a che fare con il paragone verso un modello soggettivo del bello che pretende di diventare oggettivo, e che ancora dopo millenni, da Policleto in avanti, cerchiamo di combattere.
L’arte deve interrogare.
AUCUNE IDÉE
ideazione e regia Christoph Marthaler
con Graham F. Valentine e Martin Zeller
drammaturgia, Malte Ubenauf
scenografia, Duri Bischoff
musica, Martin Zeller
costumi, Sara Kittelmann
assistente alla regia Camille Logoz, Floriane Mésenge
luci Jean-Baptiste Boutte
suono Charlotte Constant
costruzione del set e accessori Théâtre Vidy-Lausanne
produzione Théâtre Vidy-Lausanne
coproduzione Temporada Alta – Festival international de Catalunya Girona/Salt ; TANDEM, scène nationale (Douai-Arras) ; Campania dei Festival, Campania Teatro Festival ; Le Maillon, Théâtre de Strasbourg – Scène européenne ; Théâtre national de Nice – centre dramatique national Nice-Côte d’Azur ; Le Manège, Scène nationale, Maubeuge ; Théâtre de la Ville-Paris ; Festival d’Automne à Paris