LEONARDO DELFANTI | Questa settimana (mercoledì 17 e giovedì 18 novembre) debutterà al Teatro di Pergine Segantini. Paesaggi di luce, il nuovo lavoro di ariaTeatro. Lo spettacolo, prodotto da Denis Fontanari e diretto da Giuseppe Amato, apre la stagione celebrando l’eredità artistica e culturale di Giovanni Segantini (1858-1899), considerato un grande innovatore della tecnica pittorica e il più importante pittore alpino dell’Ottocento. Famosissimo già in vita, Segantini è stato riscoperto di recente grazie a una mostra tenutasi al Palazzo Reale di Milano nel 2014 dal titolo Il ritorno a Milano.
Lavorando dunque sul materiale visivo e i testi pervenuti, ariaTeatro ha deciso di indagare più a fondo la complessa vita di un uomo e un artista che ha riscattato la sua esistenza senza dimenticare le sue origini.
Abbiamo dialogato con Denis Fontanari e Giuseppe Amato.
Quali sono le ragioni che hanno spinto ariaTeatro a dedicarsi a Segantini e perché avete deciso di dedicargli un’intera opera?
GA: Come compagnia trentina da sempre abbiamo un forte interesse per la figura di Segantini, nato ad Arco, poco distante da noi. Nel corso del tempo ci siamo accorti che, come autore, non è particolarmente affrontato nel programma di studio canonico quando invece si tratta di un un’artista meraviglioso, stimolante: la sua curiosità ci ha contagiato portandoci a creare le prime bozze dell’opera. Ci siamo avvicinati a lui tramite le lettere e i diari dedicati ai colleghi e alla compagna.
Oggi Segantini è famoso come “pittore della montagne” ma in realtà ha fatto veramente molto di più: non solo ha dipinto paesaggi di alta quota ma è stato anche il protagonista di una ricerca tecnica sulla luce nella raffigurazione paesaggistica che ha dato vita al movimento del divisionismo. Cioè l’uso della pittura in maniera integrale tramite l’applicazione di filamenti di colore puro usando anche il bianco all’interno delle colorazioni: si tratta quindi di fasci di luce che investono lo spettatore e chiunque abbia visto uno dei suoi quadri sa che questa luce è qualcosa di unico. Inoltre, non si è mai fermato: ha esplorato le potenzialità del divisionismo e del simbolismo senza rinnegare la realtà che lo circondava. Dai suoi scritti si capisce che la sua era una curiosità autentica. Per noi, che come artisti sentiamo il peso di questa eredità, è stato molto stimolante.
Mi piacerebbe capire come pensate di coniugare l’utilizzo della luce in Segantini con le necessità tecniche del teatro, dove la messa in scena è legata a delle forme tecniche che stimolano la contaminazione tra le arti.
GA: Noi ci siamo rifatti al potere massimo del teatro: non avendo ovviamente la possibilità, come in un film, di poter ricreare l’atmosfera dell’epoca, ci siamo affidati al metodo dell’evocazione. Partendo dagli scritti di Segantini, abbiamo lavorato sulla contaminazione dei diversi linguaggi narrativi tra prosa, danza e teatro fisico. Avvicinandoci alla sua vita, infatti, abbiamo naturalmente scelto la corporeità concreta e astretta, come possono essere un corpo in scena o l’evocazione di una pennellata attraverso una coreografia. In questo senso ci siamo avvicinati all’opera di Segantini in maniera integrale ma senza tralasciare la forza che l’immaginario visivo ha nello spettatore.
DF: Per noi di AriaTeatro è stata una scelta che, dal punto di vista produttivo, ci ha permesso di continuare a esplorare alcuni linguaggi che sono cari alla compagnia. Prima di tutto quello di partire da una drammaturgia originale, ossia qualcosa che si realizza drammaticamente attraverso i tre attori in scena e che allo stesso tempo sperimenta, grazie alla presenza di un ballerino di formazione e di una light designer, le potenzialità della danza come mezzo di comunicazione astratto. Il risultato ci permette di evocare soggettivamente i quadri di Segantini creando un dialogo emotivo con lo spettatore.
Soprattutto considerando l’opera omnia di Segantini, che trova la sua genesi nella verità del corpo…
GA: La sua vita è stata breve ma intensa. Sebbene non manchino momenti tormentati, lui ne ha lasciato una visione felice nei suoi testi. Questo elemento ha alimentato la nostra volontà di affrontarlo in maniera tutt’altro che banale.
Lo spettacolo, dunque, segue la narrazione biografica?
DF: Noi raccontiamo alcuni momenti significativi di Segantini uomo e artista. I ricordi della sua infanzia si intersecano con le sue riflessioni sull’arte: pochi sanno che Segantini è stato analfabeta per la prima parte della sua vita e fu grazie all’Accademia di Brera prima e ai suoi viaggi in Europa poi che divenne uno dei più importanti pittori e filosofi dell’arte dell’Ottocento. A noi ha colpito molto che questa sua riflessione nasca non da una preparazione letteraria ma attraverso la sua esperienza artistica. Da pittore trentino divenne famassimo pittore europeo già in vita: questo percorso umano è parte integrante dello spettacolo.
Secondo voi il forzato periodo di gestazione dell’opera, dovuto al Covid, è stato più di aiuto o di impaccio per lo studio e la messa in scena del lavoro?
FD: Per noi è stato un vantaggio perché ci siamo trovati a lavorare prima a un breve monologo su Segantini, con cui abbiamo fatto delle date estive, maturando così la consapevolezza necessaria per andare in profondità. Poter studiare il personaggio senza l’ansia del debutto e quindi iniziare a pensare alle riflessioni e alle emozioni che Segantini-personaggio ci suggeriva, è stato per noi fondamentale. Fare prima uno studio e poi uno spettacolo è un’operazione che andrebbe esercitata più spesso.
GA: Noi siamo molto emozionati perché è ovviamente un lavoro nato in un periodo storico di grande ritorno al teatro. Un ritorno come lo vogliamo noi: cioè un momento in cui abbiamo potuto utilizzare la potenzialità scenografica al massimo, in cui il pubblico può essere presente con noi al rito del teatro.
SEGANTINI. PAESAGGI DI LUCE
testo e regia Giuseppe Amato
con Giuseppe Amato, Chiara Benedetti, Denis Fontanari, Filippo Porro
coreografie Claudia Monti
disegno luci e scenografia Federica Rigon
suoni Luca Vianini
costumi Giacomo Sega
con la collaborazione di Iacopo Candela, Omar Fisicaro e Luca de Martini di Valle Aperta
produzione ariaTeatro
Mercoledì 17 e giovedì 18 novembre 2021 – ore 20.45
Teatro di Pergine