ANDREA CIOMMIENTO | La misurata roccaforte di Lari si manifesta come luogo da preservare non soltanto per le sue pietre antiche. Nelle curve in salita i poeti troverebbero un tempo che non urge su di loro, poiché la fortezza del contemporaneo completa il borgo senza alcuna frenesia integrativa e urbana. La sua identità si colora di cultura grazie a Collinarea, un inventario di voci poetiche, filosofiche, musicali e teatrali curate da un ensemble artistico che depone i nomi di Loris Seghizzi, Massimo Paganelli, Marco Menini, Roberto Bacci e Luca Dini come garanti di qualità della proposta. Abbiamo seguito alcuni giorni del festival toscano in un susseguirsi di esperienze formative e performative programmate nel piccolo teatro, in piazza e nel castello dalle prime luci del mattino fino a sera inoltrata. Siamo stati gli spettatori della prova aperta di Teatro Forum e Tecniche di Teatro dell’Oppresso, il laboratorio curato da Barbara Aimone, Silvan Verdier e Leonardo Coppo in collaborazione con il Centro Studi Sagara e la Compagnie du Théâtre de l’Intention volti alla pratica di risoluzione dei conflitti umani attraverso lo strumento teatrale e il coinvolgimento attivo dello spettatore, un lavoro che ricerca nuove procedure di linguaggio scenico ma che rischia di ingolfare il motore poetico che sta alla radice dell’esperienza teatrale cedendo solamente al suo senso più politico; in concomitanza temporale un gruppo di apprendisti illustratori intuiva gli spazi di Lari guidati da Eva Montanari all’interno del laboratorio esperienziale d’illustrazione, tracciando immagini inclini alla narrazione e alla relazione con gli oggetti e i personaggi del mondo dell’infanzia.

Tra i formatori da laboratorio era presente anche Michele Santeramo (Teatro Minimo), da poco vincitore del Premio Riccione 2012 per la drammaturgia; il suo percorso ha modellato le ramificazioni della scrittura poetica, una dilatazione armonica per la costruzione di storie in dialogo fra loro. Ogni sera il programma comprendeva molteplici incontri e spettacoli (un peccato sovrapporli obbligando lo spettatore alla scelta di uno o dell’altro evento): abbiamo seguito Scene da un matrimonio di Roberto Castello, definita dal foglio stampa una performance per contesti urbanianche se quel che si palesa più chiaramente sono i quadri sciolti e sbavati di origine balcanica tra stereofonia e azioni abbozzate. Di tutt’altra pasta -“e Lari ne conosce di eccelse” direbbe la famiglia Martelli- è stato lo spettacolo Fìco. Fantasmi in carne e ossa di Loris Seghizzi per Scenica Frammenti: un gioco profano dedito al non-dialogo tra generazioni e alle considerazioni sacrileghe sulle morti di Pier Paolo Pasolini e Aldo Moro fino alj’accuse contro una generazione italiana, quella passata, impegnata a chiedersi ideologicamente tutto sulla verginità della Madonna mentre gli inglesi continuavano a chiedersi tutto su cosa fosse la democrazia, lasciando le nuove generazioni con una domanda e una chiara consapevolezza: chi ha buttato le chiavi del nostro futuro nel nostro Paese Italia? A seguire, Gengè da Uno, Nessuno e Centomila di Roberto Bacci (Compagnia Laboratorio di Pontedera), un lavoro che entra a gamba tesa nell’opera pirandelliana ponendo domande di senso sulla condizione dell’uomo e sulle sue possibili fughe per il cambiamento. Non sono mancati gli attori/autori con il loro sguardo teatrale sul mondo: Michele Santeramo (Teatro Minimo) con Storie d’amore e di calcio, un racconto da leggere a voce alta e occhi puri nel quale il calcio diviene linguaggio universale e metafora dell’incapacità di costruire integrazione nei confronti di quei clandestini che anche nel calcio sono condannati alla clandestinità; e Ascanio Celestini con Discorso alla nazione. Studio per uno spettacolo presidenziale, la nuova narrazione politica sulla tirannia e la sudditanza democratica; vi consigliamo la lettura delle nostre conversazioni sull’oralità insieme a Celestini pubblicate su queste pagine (http://www.paneacqua.info/2012/09/registrando-storie-da-portare-in-vita/).

Chiamiamo Collinarea ancora una volta “roccaforte del contemporaneo” per un’ulteriore evoluzione cognitiva: Loris Seghizzi ci svela il futuro di Lari. La creazione di un centro residenziale di produzione artistica che faccia diventare l’intero borgo un teatro a cielo aperto. Nei prossimi mesi si avvieranno le procedure di cablaggio supervisionate da Mirko Mencacci, montatore del suono discografico e cinematografico per Ferzan Ozpetek (Le fate ignoranti, La finestra di fronte), Marco Tullio Giordana (La Meglio Gioventù) e Fausto Brizzi (Notte prima degli esami). La Regione Toscana ha già approvato il cablaggio in fibra ottica di tutto il borgo medievale con l’idea di ricreare uno studio professionale per registrazioni di spettacoli musicali e teatrali.

All’interno della sezione video Arte&Culture Live abbiamo realizzato alcune microinterviste con Roberto Bacci (direttore artistico di Pontedera Teatro), Luca Dini (co-direttore Pontedera Teatro), Michele Santeramo (autore e attore del Teatro Minimo) e Loris Seghizzi (regista di Scenica Frammenti).

Michele Santeramo

http://www.youtube.com/watch?v=-GtSDugtLDQ&feature=plcp

Luca Dini

http://www.youtube.com/watch?v=BVyr00TSQYw&feature=plcp

Loris Seghizzi

http://www.youtube.com/watch?v=ztxu-O-U0Pg&feature=plcp

Roberto Bacci

http://www.youtube.com/watch?v=_jS0NhRibW8&feature=plcp