COSIMA PAGANINI | Milano: Winter is Gone e sono finite anche la quarta stagione di Games of Thrones e la seconda stagione di Orphan Black, così decido di uscire. Ma di sera piove e mi rifugio in una sala…
Ha visto tanto bel cinema: Sokurov, Tarkovskij, Malik, Straub e Huillet, Visconti; ha sentito tanta musica, bella (Arvo Pärt, Anton Bruckner); conosce attori, qualcuno bravo; conosce musicisti, qualcuno bravo, e decide di fare un film anche lei. E fa un film brutto. Noioso. Con attori che si rivelano inadatti, con della musica che commenta e sottolinea il nulla. Peccato, perché questa ex ragazza ha delle ottime frequentazioni. Forse troppo. E mi torna in mente il verso di Rilke: … perché la bellezza non è che il tremendo al suo inizio e comincio a pensare che troppa bellezza faccia male. Non tutti la possono reggere. Non Elisabetta Sgarbi con i suoi Racconti d’amore.
Invece Giada Colagrande regge benissimo la bellezza che Bob Wilson, chiamato da Marina Abramović, ci ha mostrato in The Life and Death of Marina Abramović. Anche questo è un film sulla vita e la morte. Tutto costruito e tutto autentico. Marina Abramović, per le sue musiche, non ha voluto un musicista (pop) in odore di misticismo, ma un musicista (pop) transgender, così si definisce Antony Hegarty. Bob Wilson ha creato un mondo su misura per Marina Abramović. Un mondo che scorre parallelo a quello in cui siamo immersi. Non ha finto una natura ma ne ha inventata una inedita e viva. Ha chiamato attori e musicisti e non gli ha messo la maschera del quotidiano nell’illusione preraffaellita di una realtà più reale: non c’è niente di più falso di una maschera di verità. Promuovo Willem Dafoe con la faccia da Joker in The Life and Death of Marina Abramović; boccio Sabrina Colle, Laura Morante e Michela Cescon (di solito brava) con le facce senza trucco in Racconti d’amore.
Ho anche visto uno ‘studio’ di uno spettacolo il cui programma di sala dice che è ispirato a La strada di Cormac McCarthy, all’Angelus Novus di Walter Benjamin e all’uragano Katrina. E tutto in 35 minuti. Vi racconto lo spettacolo: dietro una quarta parete fatta da una tenda del tipo ‘veneziana’, come quella di 9 settimane e mezzo, vediamo un uomo in uno scafandro/tuta spaziale e, in una scena successiva, un bambino, anche lui con la tuta spaziale. Nonostante le macerie, il vento cosmico, le luci intermittenti, i suoni apocalittici e la piantina sopravvissuta, quello che mi è venuto in mente è stata la scena di Ritorno al futuro nella quale Marty McFly (Michael J. Fox) si traveste da extraterrestre e minaccia il suo futuro padre. Non ho visto nessun angelo sterminatore (nemmeno quello di Legion). Il primo studio di questo lavoro è del 2011 e lo spettacolo sarà presentato, in forma definitiva, a Novembre 2014; potrò ancora dare un consiglio agli autori? rimettetevi a studiare e dimenticate le cose che sapete. So però che non mi ascolteranno e faranno benissimo perché gli spettacoli passano mentre i programmi di sala restano e gli spettatori, più educati di me, leggeranno e conserveranno un bellissimo programma di sala di IamhereIhaveagun (I am Here I have a Gun).
Per sfuggire alla pioggia mi sono rifugiata in un altro teatro: in scena un attore bravo, ma anche regista e adattatore di grandi romanzi, alle prese con uno (nessuno) e centomila. Questo però lo so dal titolo perché dopo 30 minuti dormivo e mi sono persa qualche migliaio di personaggi. È tempo di andare in vacanza.