ILENA AMBROSIO | Una donna, un uomo e una stanza. Una “notte senza grazia”, benché sia quella di Natale, in cui questa donna e questo uomo tirano fuori il peggio di sé.
Come finiscono le relazioni? Cosa accade all’amore quando tutto ciò che si vorrebbe fare è scappare da chi si ha accanto? Quante cattiverie, psicosi, bassezze, indecenze ci sono tra i cocci di un rapporto?
2012: la Compagnia Biancofango – Francesca Macrì e Andrea Trapani – si impose sulla scena contemporanea con Porco mondo. All’origine di questo fortunato lavoro il bisogno di indagare una specifica condizione: la profonda insofferenza verso una relazione che non appartiene più.
Biancofango riporta in scena Porco mondo a distanza di dieci anni ma la riflessione di allora sembra risuonare più attuale che mai.
Dopo la replica al Teatro Civico 14 di Caserta, ne abbiamo parlato con Francesca Macrì.
Era il 2012 quando nacque Porco mondo, per la precisone dopo la vostra Trilogia dell’inettitudine. Ricordi quale fu l’input di allora?
Ricordo molto bene la genesi di questo lavoro che ci ha accompagnato per un tempo molto lungo. È stato un progetto che abbiamo avuto molto a cuore con il quale volevamo attivare un pensiero, usando un termine pop, sul senso dell’amore, usando un’espressione meno pop, sulle dinamiche relazionali che ci obbligano in una convivenza anche quando tutto ci spingerebbe lontano. Volevamo mettere in moto, attraverso un meccanismo dialogico, la difficoltà di lasciarsi, di vivere una relazione, di accettare che le cose possano anche finire.
Il lavoro ha anche un suo plot, molto più lineare rispetto ad altri nostri lavori: in una notte di natale, che io chiamo una notte senza grazia, una coppia dà il peggio di sé… Ma la storia poteva essere qualsiasi altra, è per certi versi un pretesto. La questione era attivare e attraversare un pensiero più ampio su certe tematiche che dieci anni fa erano guardate in modo quasi spaventato.
Parliamo di un lavoro che ha dieci anni. Perché riportarlo in scena adesso? Cosa si attiva ora rispetto a quelle dinamiche?
Porco mondo è uno spettacolo che ha girato molto, su palcoscenici di qualsiasi tipo; ha segnato anche un po’ la nostra affermazione come compagnia. Dieci anni fa davanti a questo spettacolo erano tutti un po’ guardinghi, nonostante sia stato uno spettacolo molto amato faceva scaturire anche una certa perplessità: ci si chiedeva quasi perché parlare di queste cose… Adesso invece risuona in modo tremendamente attuale, tanto che alcuni ci chiedono se abbiamo aggiustato la drammaturgia. Sembra di parlare di “sugar daddy”, “sugar baby”, ma dieci anni fa non parlavamo di questo. Fenomeni ora così conosciuti erano di certo presenti ma solo per chi aveva occhi per guardare. Per tutti gli altri – perché tutto il mondo è sempre impegnato a fare altro e se non è impegnato a fare altro se lo inventa, un altro da fare – erano fantascienza. Ora invece queste cose anche se fai altro ti arrivano addosso e non puoi voltarti dall’altra parte.
E come reagisce oggi il pubblico?
Onestamente mi fa sorridere come la gente oggi rida alle lacrime guardando questo spettacolo… nei primi anni c’era un silenzio gelido. Questa risata ti dà l’idea di come questi temi siano ormai un fatto pubblico e quasi fatto tollerato.
Certo ci sono risate diverse, i più giovani hanno una risata ancora un po’ ignara, i quarantenni hanno già una risata diversa, i sessantenni ridono molto poco… questo è interessante da osservare per me.
Si potrebbe dire che Porco mondo sia diventato nel corso del tempo ancora più attuale. Come si pone Biancofango nei confronti dell’attualità?
In realtà noi non abbiamo mai fatto nulla di attuale, noi lavoriamo sul contemporaneo, è diverso. Abbiamo portato avanti molti progetti attenti al territorio ma non all’attualità. Indaghiamo il contemporaneo perché è quello che ci è necessario: il contemporaneo nasconde cose che non si vedono mentre l’attualità è la notizia, lo scoop.
Al momento stiamo lavorando alla seconda parte di Lolita. About Lolita è stato un lavoro molto incentrato sul contemporaneo, che indagava cosa fosse “Lolita” nell’immaginario collettivo culturale. Ora invece ci stiamo chiedendo: dov’è Lolit* oggi? dove lo possiamo trovare? Quale responsabilità abbiamo rispetto a Lolit* oggi? Stiamo pensando a una docu-performance, incentrata su materiale documentario e performativo, sempre una finzione ma sostenuta da studi e analisi.
Parli di contemporaneo ma, se dovessi dare una definizione di cosa è il contemporaneo per Biancofango, quale sarebbe?
Il contemporaneo è la posizione che ciascuno di noi assume rispetto allo stare al mondo, come artisti ma anche come individui, la posizione rispetto ai pensieri che stanno attraversando il mondo, che non sono le notizie – l’attualità – ma proprio le riflessioni più ampie. Allora tu che posizione prendi? Perché ogni cosa è contemporanea e niente è contemporaneo quindi la differenza la fa la posizione in cui ti metti e dalla quale guardi queste cose: è una grande differenza. Certo, le posizioni cambiano nel corso del tempo, puoi accorgerti di essere nella posizione giusta al momento sbagliato o viceversa… Per cui non è solo la collocazione che hai a importare ma anche come ti ci rapporti, cosa fai poi rispetto a questa posizione.
Per me, ma penso di parlare anche per Andrea, tutto questo è fondamentale nei nostri lavori. Per esempio, quando abbiamo lavorato su Romeo e Giulietta con gli adolescenti, abbiamo preso il testo più classico dei classici eppure è stata un’occasione di riflessione sul contemporaneo, una possibilità di stare dentro le cose perché ci sono momenti in cui è necessario stare chiusi in sala a pensare e studiare e altri in cui è necessario affondare nelle cose, scendere tra la gente. Porco mondo è nato chiusi in sala riflettendo su un pensiero, Romeo e Giulietta è nato stando sul territorio, è nato proprio dall’esigenza di stare, di sentire cosa poteva dire “Romeo e Giulietta”. E diceva che c’è un mondo di padri che non ascolta i figli e che i figli preferiscono morire piuttosto che ascoltare il silenzio dei padri: niente di più contemporaneo.
Il contemporaneo non è solo la posizione ma anche il modo in cui tu stai in quella posizione. Il vostro modo di stare in scena rispecchia la vostra lettura del reale, la vostra posizione?
Nel corso del tempo il come si è modificato. Porco mondo ha una struttura molto lineare, se arriviamo a Io non ho mani che mi accarezzino il viso troviamo una struttura più complessa e stratificata. Lo stesso Io e Baudelaire, che è un lavoro di totale sottrazione narrativa e multidisciplinare, è più complesso. Questo per dire che il come è una ricerca continua per noi. Mentre cerchi di avere sempre coscienza della posizione in cui ti trovi, almeno per il tempo che la assumi, il come è così figlio di un processo artistico che è molto più fluttuante nel corso del tempo. Il come si modifica sempre e per me è necessario che lo faccia.
Spesso gli artisti si portano dietro temi ma i modi i affrontarli è necessario che fluttuino; anche perché il pensiero non è stratificato solo di per sé ma anche per il dialogo con tutta l’arte in generale. Il vivere modifica, è inevitabile… Chi sa quale libro, quale quadro, quale installazione mi aprirà il cervello domani. Da lì si accende un motore irrefrenabile… sono belle le cose irrefrenabili, io le amo molto. Una parola che spesso usiamo a sproposito perché quante cose sono davvero irrefrenabili? Quanti freni, invece mettiamo al nostro pensiero? E invece dovremmo abituarci ad abitare situazioni davvero irrefrenabili, il che significa accompagnare un flusso… Ecco, nell’arte lo trovo molto importante. Per Biancofango questa è davvero una conditio sine qua non.
PORCO MONDO
drammaturgia Francesca Macrì e Andrea Trapani
regia Francesca Macrì
con Aida Talliente e Andrea Trapani
disegno luci Luigi Biondi
produzione Biancofango – La Corte Ospitale – Officina1011
20 Novembre 2022
Teatro Civico 14 – Caserta