EUGENIO MIRONE | Un mito è un archetipo che contiene quesiti eterni, perché racconta di storie che sono successe, che succedono e che succederanno. Ma la ricezione dei miti è altrettanto duratura? Su queste premesse l’archeologo Paul Veyne ha fondato le ricerche che lo hanno condotto a pubblicare il suo saggio più celebre dal titolo I Greci hanno creduto ai loro miti? Allo storico francese premeva indagare quale peso avesse esercitato la tradizione mitica all’interno della civiltà greca, culla della filosofia, o in altri termini, in che rapporto si ponevano credenza e verità, mito e logos.
Può apparire illogico, ma in una società in cui il compito principale della religione era mantenere l’ordine cosmico attraverso le pratiche sacrificali, ciò che più s’interessava a rispondere alle esigenze interiori degli uomini non era il fatto religioso, bensì la filosofia. Qualcosa di analogo accadeva anche nel mondo romano, dove le religiones erano un affare di stato e coincidevano con le pratiche rituali così come normate dai maiores. L’homo religiosus era colui che celebrava, non colui che credeva. Egli era dunque libero, a livello personale, di rivolgersi a quel culto che meglio rispondesse alle sue esigenze personali, a patto che fosse riconosciuto dallo stato.
Eppure, nella nostra società figlia del mondo greco-romano tutt’oggi sopravvivono i miti del mondo antico. Una riflessione sorge dunque spontanea: i miti possono ancora parlare ai nostri giorni? I quesiti che si trovano al loro interno sono ancora validi? È doveroso continuare a farli conoscere, soprattutto alle nuove generazioni?
Su queste premesse si basa il progetto Olympus Kids della compagnia teatrale Agrupación Señor Serrano, fondata da Alex Serrano a Barcellona nel 2006. In questa trilogia che attraversa alcuni dei miti centrali della cultura greca – rispettivamente Prometeo, le Amazzoni e Demetra – la compagnia si pone l’obiettivo di attingere dallo sconfinato panorama della mitologia antica per mettere in discussione le questioni chiave dei nostri giorni impostando la propria riflessione con uno sguardo particolare: quello dei ragazzi.
La performance che porta in scena il mito di Prometeo si svolge sul palco del teatro della Triennale di Milano, che quest’anno festeggia il centenario della sua nascita. In scena c’è una sola attrice, Beatrice Baruffini, di fronte a lei un pubblico formato da bambini e ragazzi, i più piccoli hanno appena sei anni, i più grandi arrivano agli undici.
La sfida: presentar loro il mito di Prometeo, all’interno del quale sono contenute tematiche che metterebbero alla prova qualsiasi adulto. Ma, si sa, i bambini non hanno timore di manifestare ciò che pensano e in sala un’onda di braccia alzate colora l’ambiente ogni qual volta una domanda venga rivolta alle giovani menti.
Olympus Kids è il primo progetto di Agrupación Señor Serrano interamente dedicato al teatro per ragazzi, e alle sue regole deve attendersi. La compagnia vincitrice del Leone d’argento alla Biennale di Venezia 2015 ha da sempre prodotto i propri spettacoli servendosi di mezzi scenici tra i più innovativi e anche nel caso di Promotheus la trovata su cui si basa l’intera struttura drammaturgica del testo risulta ben riuscita: all’interno della narrazione del Prometeo eschileo trova posto il racconto del Dr. Frankenstein, considerato come un Prometeo moderno; entrambe le storie hanno la particolarità di essere raccontate per mezzo di figure e modellini Lego.
Beatrice Baruffini non indossa un camice ma la scena ricorda il laboratorio di un chimico. Sul grande tavolo bianco posto accanto all’attrice si trova riposta una miriade di oggetti (dispositivi elettronici, lampade, beaker) tra cui spiccano le costruzioni Lego che andranno a formare le ambientazioni della storia: c’è il monte Olimpo con uno Zeus-Batman seduto sul trono, la prigione di Prometeo sul Monte Kazbek e il laboratorio del Dr. Frankenstein.
Tramite l’utilizzo di una telecamera in presa diretta puntata sui modellini le piccole scene che si svolgono sulla superficie del tavolo vengono proiettate sul telo del sipario. Il commento sonoro, lineare e immersivo, di Roger Costa Vendrell accompagna lo sviluppo della vicende accentuando l’immedesimazione di ogni sezione. A completare lo spettro di tecnologie in dotazione alla performer vi sono un computer portatile e uno smartphone che consentono all’attrice di proiettare la propria figura sullo sfondo e di servirsi di altri espedienti digitali.
Il cuore del lavoro risiede, però, nei momenti in cui il giovane pubblico viene chiamato a rispondere ai grandi quesiti che il mito di Prometeo pone: Prometeo è un sabotatore che merita di essere punito o qualcuno che si ribella ai poteri dispotici per il bene comune? Bisogna sempre rispettare le norme? E se una legge è ingiusta, è necessario punire chi la trasgredisce? La questione è complessa e non esiste una soluzione univoca, lo testimoniano le risposte del giovane pubblico, diviso nel considerare Prometeo e il Dr. Frankenstein colpevoli delle lore azioni oppure non meritevoli di una punizione.
Nel finale della pièce il mito trova il modo di essere attualizzato: se il personaggio del racconto di Mary Shelley è preso come modello di Prometeo moderno, a Julian Assange, uno dei fondatori di WikiLeaks detenuto nel carcere britannico di Belmarsh per aver pubblicato documenti coperti da segreto, spetta il ruolo di Prometeo contemporaneo. Non c’è lo spazio per raccontare l’intera sua storia, ma solo l’invito a farsela narrare dai più “grandi” per capire insieme a loro se Julian meriti davvero la pena alla quale è sottoposto dal 2019.
Non è mai facile rivolgersi a un pubblico di giovanissimi, tanto meno quando si vogliono trattare insieme a loro questioni complesse. In questi casi è frequente il rischio di una semplificazione eccessiva che porta ad affrontare gli argomenti proposti in maniera banale. Agrupación Señor Serrano, però, fa centro e con coraggio dimostra che i limiti di età spesso sono solo una convenzione, oltre che una comodità: anche i ragazzi possono arrivare ad esprimersi sui temi profondi che riguardano la vita, a patto che la forma sia cucita su misura per loro.
Con Olympus Kids la compagnia catalana ha trovato una formula fresca, leggera e coinvolgente in cui se alla tecnologia è riservato il compito di catturare il giovane pubblico e di suscitare la meraviglia, alla parola viene affidato l’incarico di custodire il momento sacro della riflessione. L’esperienza nel teatro con gli oggetti e in quello rivolto ai ragazzi permettono a Beatrice Baruffini di essere disinvolta sul palco, nonostante la numerosa mole di azioni da svolgere, prima fra tutte il dialogo costante con il giovane pubblico.
L’entusiasmo dei ragazzi è stato tale da perpetuarsi anche all’esterno della sala teatrale. Le stesse domande poste all’interno della pièce ora risuonano tra i corridoi della Triennale, ma a ruoli invertiti. I ragazzi interrogano i propri genitori sulla vicenda di Prometeo e del Dr. Frankenstein e chiedono loro informazioni su Julian Assange. Il mito si riverbera nelle giovani menti, cosa risponderanno gli adulti?
PROMETEO/OLYMPUS KIDS
sceneggiatura, regia Olympus Kids
performer Beatrice Baruffini
musica Roger Costa Vendrell
realizzazione dei modellini Lola Belles
Tecnico in tournée Riccardo Reina
fotografia Leafhopper
project management Art Republic
produttori dello spettacolo Dipartimento di Cultura della Generalitat, Sala Beckett, Centro di Cultura Contemporanea, CondeDuque, Festival GREC, Mostra Igualada
produttori della versione italiana di Prometeo Teatro Stabile di Bolzano, Centro Servizi Culturali Santa Chiara
Triennale Teatro, Milano | 4 marzo 2023