SOFIA BORDIERI | Dopo This is a present for you, il Mercurio Festival torna con An other present for you, titolo della quinta edizione in programma dal 20 al 30 settembre in vari spazi dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Che sia un altro presente o un altro regalo, nella polisemia della parola present viene racchiusa la peculiarità principale di questo festival multidisciplinare palermitano che, dalla prima edizione, rinuncia a una direzione artistica unica e “centripeta”, con i relativi meccanismi tradizionali di selezione, per scommettere invece su una direzione plurale e partecipata. Non solo. Dal primo anno gli artisti e le artiste, oltre a performare, sono le figure centrali delle programmazioni, scegliendo, dopo la conclusione del festival, a chi passare il testimone di edizione in edizione. Ideatori di questa trasmissione fluida sono Altro e lo Spazio Franco, produttori del Mercurio, dove è centrale la figura dell’attore Giuseppe Provinzano, curatore del festival più che direttore artistico, con cui abbiamo parlato pochi giorni prima dell’inizio di questa nuova edizione.
In cosa consiste il tuo lavoro da curatore piuttosto che da direttore artistico? Quali meccanismi si innescano, tra complessità e sorprese?
Ho vissuto e vivo tuttora le varie dinamiche che tutti noi artisti viviamo soprattutto rispetto ai festival, le cui programmazioni sono distanti da quelle delle stagioni teatrali o viceversa. Si è creato un mondo dei festival con propri meccanismi e dinamiche che noi proviamo a scardinare, non per contestazione ma per concentrarci sulla direzione. Il mio lavoro consta nel rapportarmi con i diversi artisti per capire cosa vogliono proporre. C’è chi vuole portare un inedito, chi un cavallo di battaglia, chi crea qualcosa site specific. Da lì inizia un processo di curatela che mette l’artista nelle migliori condizioni possibili, che è ciò che abbiamo sempre voluto fare senza seguire le regole canoniche da festival (cioè, di presentare un certo numero di anteprime, di spettacoli di teatro, danza o musica ecc). Questo comporta che, nello stesso programma, e mi riferisco in particolare a quello di quest’anno, è possibile trovare la Piccola Compagnia Dammaccodei premi Ubu Mariano Dammacco e Serena Balivo con un loro spettacolo “storico” e, due giorni dopo invece, l’anteprima di un nuovo spettacolo di Fanny&Alexander. Al quinto anno di edizione, tutti ci volgiamo a guardare indietro la direzione presa. Giorgina Pi l’anno scorso rifletteva sul fatto che fosse stata invitata da Michela Lucenti, chiamata da Gli Scarti, suggeriti da Babilonia. Si innesta una riflessione per gli artisti stessi che possono portare avanti la direzione entro cui sono inseriti oppure no, possono scardinarla. Gli artisti hanno questa responsabilità. Quest’anno è successa una cosa per la prima volta: si è proposta una compagnia che poi non è stata scelta, ma è un’operazione inaspettata quanto legittima. E ancora, due anni fa Giustina Testa, ad esempio, ha colto l’occasione dell’invito al Mercurio per esplicitare la propria stima per Gianfranco Berardi che non conosceva personalmente, ma solo artisticamente. Non avevo pensato a questa possibilità, e invece lei è uscita dalla “cerchia”, utilizzando in questo modo la sua occasione.
La curatela nell’ambito teatrale-tersicoreo non è una pratica diffusa e, quindi, ben assodata nel panorama nazionale. Nella cura c’è relazione, responsabilità, condivisione e anche sfida. Dunque, dietro a ogni invito, pensiero e motivazione quali sono gli spazi della riflessione?
Penso che debbano essere gli artisti con le loro scelte a dover essere curati, piuttosto che diretti. Il meccanismo funziona e, può non sembrarlo, ma è più difficile. Mi capita di avere a che fare con artisti che non conosco, nell’ambito della musica ad esempio. Questo mi ha portato a studiare i loro percorsi e i loro progetti e quindi ad approcciarmi a loro con attenzione ed è, chiaramente, un’esperienza che mi arricchisce continuamente e che apre sempre più i confini di Mercurio. La curatela avviene, laddove ogni artista si prenderà l’onere e l’onore di raccontare il motivo di una scelta e noi di tesserne le fila. Durante le edizioni, tengo molto al fatto che gli artisti colgano lo spirito e la particolarità del festival, che non si sentano solo degli ospiti ma che rimangano coinvolti nell’esperienza. Cerchiamo di metterci in ascolto e di partecipare a una comunità che si riconosce nel ruolo degli artisti e nella loro direzione. Nel concreto avviene che dopo la fine del festival, una volta chiusa la parte amministrativa, tra ottobre e novembre chiediamo un feedback agli artisti che hanno tempo fino a Natale per individuare un artista a cui passare il testimone, a cui fare un regalo. C’è chi ha le idee chiare, chi propone più soggetti. A quel punto ricominciamo contattando gli artisti indicati e lì inizia un dialogo sui progetti in corso, le disponibilità eccetera. Il “nuovo” artista propone, allora, delle opere e lì mi occupo di farmi un’idea della programmazione da presentare. Con l’arrivo della primavera, poi, abbiamo le idee molto chiare.
Oltre all’assetto multidisciplinare di base del festival è anche questo passaggio di testimone ad alimentare la multidisciplinarietà. Entrando nei processi creativi ci si accorge che, seppur con diversi linguaggi, il contemporaneo avvicina le arti. Qual è il tuo pensiero al riguardo? Credi siano un ostacolo le differenziazioni imposte a livello ministeriale?
Dal mio punto di vista artistico penso che noi della compagnia Babel siamo multidisciplinari, non usiamo mai solo teatro, solo danza, solo musica. Nel nostro modo di creare c’è sempre uno sguardo trasversale sui vari linguaggi che scegliamo di volta in volta. Il Mercurio, nato dalla nostra natura, non poteva che essere lo stesso. La differenza che trovo rispetto al resto del panorama nazionale è che c’è un grande equivoco: per molti multidisciplinare, soprattutto nelle programmazioni, significa proporre teatro, danza e musica. Nein! Quelle sono più discipline. Multidisciplinare è quello che avviene al Mercurio, dove possono esserci proposte più classiche ma la caratteristica delle creazioni del festival è che sono multidisciplinari al loro interno e, infatti, è spesso difficile definirle. L’istituzione non ha ancora capito questo aspetto, ha assodato che un festival univoco è molto difficile da pensare oggi, ma ancora non ha fatto i conti con il primo aspetto e bisogna invece fare questo scarto per chi si occupa di contemporaneo.
Riguardo, invece la collaborazione con il Goethe Institute di Palermo, il progetto speciale porta il nome Sasha Waltz & Guests. In un territorio in cui la danza contemporanea è presente, ma non abbastanza capillare, coinvolgere i danzatori nostrani nella ricostruzione di In C in versione site specific che significato ha? E che tipo di adesione c’è stata?
All’interno dei Cantieri esistono diverse realtà, tra cui il Goethe Institute che in questi anni ha più volte partecipato al festival anche se mai attivamente. Quest’anno, invece, ha voluto prendere parte per coltivare il filone tedesco che, nell’ambito della danza contemporanea, è rappresentato da Sasha Waltz. Quando l’abbiamo contattata abbiamo subito pensato al format del workshop già sperimentato in passato e mai questa cosa poteva essere più in linea con il percorso attuale della compagnia. Dal 2021, infatti, la Sasha Waltz & Guests promuove il progetto In C, ovvero la diffusione di numerosi workshop in cui non si lavora su un metodo o un linguaggio ma su una creazione. La loro idea è quella di lavorare sullo stesso materiale coreografico con danzatori di tutto il mondo, creando quindi piccoli ensemble che perché no, in futuro, si possono mettere in contatto. È una forma laboratoriale diversa, continuativa, già sperimentata in Norvegia, Brasile, Taiwan, Israele, Bologna e adesso in Sicilia. In C è una creazione fatta di diverse partiture legate alla musica, che può essere montata e smontata in diverse maniere. Il disegno coreografico è fissato ma modulare, quindi i vari In C non sono mai uguali, come non lo è mai nemmeno la creazione originale della compagnia. Abbiamo ricevuto le candidature di molti giovani e questa cosa mi fa piacere. Mi ha colpito l’età giovanissima, ho apprezzato il coraggio di ventenni che si sono proposti per prendere parte alla proposta. Il che vuol dire che c’è attenzione verso il Mercurio e c’è tanta presenza artistica e giovane nel territorio.