MARIA FRANCESCA SACCO | La relazione del corpo con lo spazio e con tutto ciò che c’è intorno: è questo l’intrigante tema che propongono gli spazi del Pacta Salone di Milano con la rassegna Apriamo le gabbie ideata da Anning Raimondi ed Elisabetta Miracoli e già alla sua terza edizione.
Apriamo le gabbie si propone come una grande novità nel panorama delle arte sceniche, proprio per la sua apertura verso la sperimentazione e l’internazionalità. Attraverso i suoi molti e nuovi linguaggi, la danza si fonde con la multimedialità in una commistione di arti sceniche con la quale si cercherà di dare un nuovo significato al corpo, di rimodellarlo, piegato da tutti i colpi della vita, per poi riportarlo al suo stato di equilibro.
Apriamo le gabbie sperimenta, dà ampio spazio ai giovani: vedremo alternarsi sul palco compagnie diverse, ciascuna con il proprio bagaglio esperienziale e culturale, ma con la necessità di comunicare attraverso il movimento.
Apriamo le gabbie significherà aprire le porte, nell’arco di otto serate, a progetti internazionali e nazionali; aprire le menti a nuovi linguaggi che dialogheranno sul palco.
Le gabbie aprono il 3 novembre dove la prima milanese è affidata a Figura figura della Compagnia Xe interpretato da Paola Bedoni e Giacomo Graziosi. La ricerca della verità è qui affidata al corpo e al segno grafico. L’atto pittorico viene in soccorso al corpo per sviscerare la realtà e, forse, giungere alla verità: l’affermazione della propria concreta presenza.
Il 4 novembre sarà la volta del Soggetto senza titolo, una produzione di Sosta Palmizi. Qui il corpo non ha identità, fluisce alla ricerca di una forma, si sposta sulla scena con il solo volto dello smarrimento, cercando le sue radici.
Il 5 novembre Spoken dance: stimmung & figure coreografiche di Dancehau che unisce il linguaggio parlato al movimento, creando un intreccio di suoni e corpi dove, proprio grazie alla potenza della voce, il corpo può mutare e assumere funzioni e valori diversi.
Di Tehran è l’Associazione culturale Tarmeh, fondata da Aram Ghasemy che il 7 novembre presenterà in prima assoluta Funamboli: tre corpi diversi (una donna, un uomo, un bambino) che nella stessa situazione subiscono una differente mutazione. Di fronte a situazioni diverse, a disagi, guerre, pandemie, qual è la reazione del corpo? Quale trasformazione si attua? Vi è una ripercussione della dimensione psicologica su quella fisica? Su ciò riflette questa performance in cui il movimento dialoga con una videoproiezione.
Ci spostiamo a Oriente, tra le atmosfere indiane in cui trasporterà Anabasi arteinmovimento l’ 8 novembre con lo spettacolo di danza indiana Bhaks- magia interpretato da Roberta Cavicchioli. La danzatrice interpreterà tutte le sfaccettature della Dea: dall’aspetto dolce ed erotico a quello distruttivo, guerresco: una sorta di Madre Natura in cui entrambi gli aspetti convivono pericolosamente, modificandosi in base alle situazioni e agli eventi.
Nello spettacolo di VAGA, Il Marinaio, il riferimento è il testo teatrale di Fernando Pessoa: due donne (Arianna Guaglione e Viola Beneventano) dialogano in un infinito spazio senza uscita. Aspettano, vegliano e si confrontano continuamente tra dialoghi e movimenti, si fronteggiano alla ricerca di un senso della loro esistenza e della storia stessa che non ha più un filo logico e ci si chiede se non sia tutto finto.
Lo spettacolo del 10 novembre propone una profonda riflessione generazionale. Sala Nera Tempio, Tempio del Futuro Perduto prendono spunto dal racconto Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F. dove si cerca un senso della vita nella ribellione alla società consumista e nella provocazione. Ago e filo sono gli elementi ricorrenti su questa scena che vorrà riflettere sulle motivazioni della dipendenza e a come una dichiarazione di libertà possa trasformarsi in una trappola senza uscita.
La conclusione della rassegna è affidata, l’11 novembre e il 12 novembre, a La carta da parati gialla della compagnia Dunamis, con le musiche originali TBLR.
Il progetto si ispira all’opera di Charlotte Perkins Gillman e porta in scena otto donne che raccontano la storia di una donna dell’Ottocento affetta da depressione post partum. Il marito, nonché suo medico, le ordina un periodo di riposo in una villa di campagna dove la camera da letto presenta una carta da parati gialla in grado di provocare varie reazioni nella protagonista: dall’attrazione alla ripugnanza. La conduce all’ossessione, un’ipnosi continua e senza scampo raccontata dai movimenti delle danzatrici che simbolicamente testimoniano tutte le difficoltà che una donna si trova ad affrontare con la maternità.
Ecco la grande innovazione del festival: mettere in comunione danza e arti visive, perché tutto è danza. Per dirla con Nietzsche: danzare con i piedi, danzare con le idee, con le parole, e devo aggiungere che bisogna saper danzare con la penna?
APRIAMO LE GABBIE
3 – 12 novembre 2023 | PACTA dei Teatri