VINCENZO SARDELLI | Non è bello che sale che hanno fatto la storia del teatro milanese siano in difficoltà economiche. Il Verdi, con la compagnia del Buratto ormai al quarantesimo anniversario, continua a proporre begli spettacoli, a dispetto degli introiti a volte languidi. Tanto più ci sentiamo in dovere di parlare di un artigianato di qualità, che meriterebbe più attenzione dal pubblico e dalla critica.
La festa dell’imperatore della compagnia ceca Karromato, secondo appuntamento stagionale di If Festival, è uno spettacolo di marionette che tocca l’immaginazione grazie a personaggi in legno di tiglio piccoli come gattini, dai visi grotteschi, che giganteggiano nella scenografia barocca. Il gioco di spazi, profondità e luci dilata le proporzioni. Il movimento particolare delle marionette si accompagna alle suggestioni del teatro d’ombre e colpisce per la forte ironia.
Un’arte vecchia duecento anni. Una compagnia di Praga (qui a Luis Montoto e Pavla Srncova si affianca l’italiana Francesca Zoccarato) che dal 1997 propone la sua poetica da Taiwan al Sudamerica, cercando sempre di attualizzare e internazionalizzare il linguaggio.
La festa dell’imperatore s’ispira a un episodio della vita di Mozart. Nel 1786 il compositore sta lavorando a Vienna alle Nozze di Figaro. Nel vicino palazzo di Schonbrunn, l’imperatore Giuseppe II riceve la lettera dalla sorella Maria Carolina (sposa al re Ferdinando IV) che gli annuncia la sua prossima visita da Napoli. Stiamo parlando del fratello e della sorella di Maria Antonietta. La Rivoluzione Francese è alle porte.
La scena iniziale è per l’imperatore nudo in vasca da bagno: mostra festoso le natiche impudiche e il regal arnese. L’igiene doveva essere vezzo asburgico altrove disdegnato: nella reggia di Caserta i Piemontesi vincitori inventariarono un bidet appartenuto a Maria Carolina come «oggetto sconosciuto a forma di chitarra».
Atmosfere fiabesche e toni ilari si rincorrono in questa rappresentazione. L’imperatore decide di organizzare una festa per l’arrivo di Maria Carolina: incarica Mozart di comporre un’opera breve secondo un libretto da lui proposto. Mozart, alle prese con Le nozze di Figaro, accetta malvolentieri. Ma in prossimità della prima tutto si complica: le cantanti discutono costantemente durante le prove, la scenografia non è pronta.
Una fine parodia. Uno sguardo comico che fornisce una visione anche da dietro le quinte. Soprattutto, una riflessione attualissima sulla difficoltà dell’artista, obbligato a cercare il compromesso tra libertà creativa e bisogno di guadagnarsi la vita.
Lodevole quest’arte che usa il montaggio in parallelo, e sfrutta in verticale tre livelli: estemporanee e sgrammaticate didascalie in alto; le ombre cinesi (con escursioni nella graphic novel) al centro; le marionette in basso.
Le scene esilaranti attingono alla comicità, alla clownerie da circo e ai cartoni animati. Si susseguono salti mortali e balzi felini, capitomboli e martellate in testa. Mogli arcigne colpiscono con padellate, bimbi-bruchi minacciano col pianto fragoroso o più abbondanti e impudichi effluvi. Abbiamo un imperatore dal naso spropositato, una cantante lirica che asseconda i rimbombanti acuti con il movimento negletto dei poderosi seni, personaggi vari, ognuno che combina un disastro diverso.
Le marionette rafforzano il linguaggio del corpo in maniera straordinaria. Creano da sole l’espressività comica tipica del mimo. Hanno un’anima, espressioni che farebbero concorrenza a Buster Keaton. È la cifra, buffa ed essenziale, di questo teatro gentile, semplice, che libera la fantasia ed esorcizza la dilagante tecnologia contemporanea.