RENZO FRANCABANDERA | Il Mario Perrotta del primo atto della trilogia su Ligabue, che arriva a Milano al teatro dell’Elfo forte del premio Ubu aggiudicato allo spettacolo l’anno scorso, è probabilmente per forza creativa e capacità’ scenica il miglior narr-attore italiano oggi.
Gia’ siamo stati in argomento della trilogia per il secondo atto a luglio scorso ospite al Teatro La Cucina, e molte cose di quello spettacolo sono evidentemente più chiare a chi ne aveva fruito precedentemente il primo. La logica duale e dialogica dei due elementi e’ infatti piuttosto evidente a partire dagli elementi scenici per continuare con l’evoluzione degli argomenti e lo sviluppo delle solitudini in un dialogo fra singolare e plurale che forse è più interessante con i due elementi fruiti vicini. La distanza rafforza per così dire l’assoluta e forte compiutezza del primo, che trova spiegazione e completezza in se stesso, mentre il secondo rimane quasi emotivamente dipendente dal primo.
Qui la drammaturgia è incalzante, le pause icastiche, la parola e il gesto come in matematica necessari e sufficienti.
In Un bes, Perrotta sa tornare sui temi a lui più’ cari, dall’emigrazione all’abbandono della terra natia, della famiglia di origine, della solitudine, per un affresco di grande potenza in cui la vicenda di Ligabue uomo prima ancora che pittore diventa sineddoche di quella fitta rete di sconnessioni che la società contemporanea conosce. Sa farlo con pochi elementi e una capacità di illustrazione delle tematiche che è al contempo oggettiva e metaforica.
Davanti al Ligabue minorato ai piedi del ritratto della madre adottiva che gli parla, non possiamo non scorgere la parte di ognuno di noi che chiede pietà per la propria debolezza, incompletezza, incompiutezza. Nella società superominica che mette l’uomo e la macchina in corsa fra loro, quest’uomo di cui pare sentire il puzzo e’ la fragilità di chi osserva che si vede riflessa. La nostra incapacità di far di conto e’ uguale alla sua. La solitudine social dove elemosiniamo i like la stessa sua che elemosina un bes; con l’infinita maggior tristezza che si ha nel considerare che Ligabue appare, in questo confronto a distanza fra lui e noi di cui Perrotta è medium, molto più umano nelle sue richieste di quanto noi finiamo per apparire noi a noi stessi.