ELENA SCOLARI | Una vedova che veste il lutto da mesi e che pare intenzionata a rimanere fedele, per puntiglio più che per vero affetto, al defunto marito fedifrago; un professore con l’asma, sottomesso dalla moglie, rigida tenutaria di un collegio; un acciaccato proprietario terriero che vuole chiedere in sposa la figlia del vicino confinante ma è talmente maldestro da rischiare il rifiuto pur di mantenere il punto in futili discussioni. Questi i protagonisti dei Tre atti unici di Anton Čechov messi in scena da Peter Stein con il titolo Crisi di nervi, coproduzione di Tieffe Teatro e Teatro Biondo di Palermo, in prima nazionale la settimana scorsa sul palco del Menotti di Milano, per la direzione artistica di Emilio Russo.
Grazie a recenti allestimenti del drammaturgo russo che, finalmente, non sacrificano la vena di humour dell’autore, ormai dovremmo sapere che Čechov fa anche ridere. Lo sappiamo, vero? Se la risposta invece fosse no, allora si può riparare vedendo proprio questo spettacolo (che sarà in tournée anche nella Stagione 2024/25), in cui si apprezzano – con grande godimento – l’interpretazione sempre conscia dell’ironia che soggiace a tutte le situazioni, la direzione sicura e netta di un grande regista, i costumi curati di Anna Maria Heinreich, le luci pulite di Andrea Violato, le scene eleganti di Ferdinand Woegerbauer, la sagacia irresistibile dei testi.
I tre atti unici, L’orso, I danni del tabacco e La proposta di matrimonio, sono rappresentati in quest’ordine ed è la giusta combinazione per accompagnare lo spettatore, prima sorprendendolo con il colpo di scena de L’orso, poi facendolo respirare con lo spirito più sottile e malinconico de I danni del tabacco e, infine, trascinandolo alle risate più rotonde con La proposta di matrimonio.
Maddalena Crippa è la vedova nera che piange il suo consorte fissandone sconsolata la foto sulla scrivania da dietro la veletta; porta il dolore con quel pizzico di eccesso che fa intuire l’attaccamento a una convenzione, più che una convinzione; sembra pensare che il marito le abbia fatto il tiro mancino di morire proprio per costringerla al lutto. Non riceve nessuno e non fa visita ai vicini, non esce di casa da nove mesi, nonostante le insistenze del servitore, il paterno e traballante Sergio Basile, e fa bandiera della sua rettitudine dichiarando di non voler abbandonare il lutto, persistendo in una pervicace fedeltà – per altro immeritata – verso il caro estinto.
Un giorno giunge, però, un creditore che non sente ragioni e si intrufola in casa per battere cassa alla signora. Qui comincia un delizioso, sapiente e arguto balletto dialettico, che trasforma l’acida schermaglia iniziale, basata sul vil denaro e sul disprezzo di madame per la rozzezza del contadino – insultato appunto come ‘orso’ – in un’attrazione magnetica che travolge i princìpi di entrambi: la promessa di fedeltà eterna della vedova e la completa disistima del creditore nei confronti delle donne, in quanto superficiali portatrici di inganno e di tradimento assicurato.
Alessandro Sampaoli sa attraversare un sincero stupore di fronte al sentimento che muta suo malgrado, rimane calamitato dal coraggio della donna, che arriva a sfidarlo a duello; quest’ultima vive lo stesso rimescolio e, giustamente, butta alle ortiche un proposito nobile ma ottuso, e butta se stessa tra le braccia di un uomo virile e che ha saputo cambiare (e farle cambiare) idea.
Peter Stein ama Čechov, mise in scena negli anni ’80 e ’90 Il giardino dei ciliegi, Tre sorelle e Zio Vanja, e fu tra i primi, fuori dalla Russia, a riconoscere e rendere all’autore la sua vena ironica, umoristica, addirittura comica. Infatti, è a suo agio con questi Tre atti unici, nei quali emerge prepotente il divertimento di Čechov nel disegnare personaggi che impersonano l’etichetta ma fanno prorompere la sua conoscenza profonda degli uomini e delle donne, il buffo bisogno di credersi integri e la gioia del lasciarsi andare, mostrano quanto si può essere pedanti e permalosi nel difendere ciò che ci è vicino e non nascondono le gerarchie che i sentimenti portano con sé.
E c’è anche la critica a una società ingessata e che tende a tarpare i veri desideri delle persone. Così come avviene nel secondo atto unico, in cui il marito della tenutaria del collegio ha l’impiegatizio ruolo dell’economo ma è tenuto anche a tenere lezioni o conferenze, come quella sui Danni del tabacco: il mesto professore – Gianluigi Fogacci, leggero nel suo essere distratto e frustrato – indossa uno sdrucito frac per l’occasione, è fumatore e asmatico e, infatti, devia continuamente dal tema affidatogli, impegnandosi, invece, in una paradossale confessione agli astanti sulle prepotenze della moglie. Inizia e interrompe la prolusione allontanandosi dal leggìo, affiancato da una grande lavagna con la scritta ‘табак’. Calpesterà il vecchio frac in un atto di ribellione momentanea, subito tacitata dall’arrivo della donna.
Alessandro Averone, Sergio Basile ed Emilia Scatigno danno vita al terzo atto, esilarante, in cui il ricco ereditiero Ivan Vassilevitch Lomov si reca nella tenuta del vicino per chiedere la mano della figlia.
Avarone avanza con passo malfermo, il personaggio soffre di tachicardia, improvvisi dolori all’anca lo tengono sveglio, perché dall’anca il male si sposta alla spalla opposta, in un turbinoso domino di comici acciacchi; ugualmente è deciso a vincere la cronica timidezza per unirsi a Natalia.
L’atto si tramuta presto in farsa quando, prima di arrivare al dunque, il goffo Ivan incappa, per colpa sua, in una vecchia questione sulla pertinenza di un prato di cui entrambe le famiglie si ritengono proprietari. Ma, appianata la questione prato, si inciampa di nuovo parlando dei propri cani. Ognuno ritiene quello dell’altro irrimediabilmente inferiore: «Non è forse vero che il vostro è corto di mandibola?». In un crescendo di battibecchi ridicoli si giungerà a stabilire le nozze più per senso pratico (ed economico) che per reale affinità.
Le crisi di nervi del titolo alludono all’instabilità emotiva di tutti i protagonisti, ma anche al momento in cui esplodono desideri inespressi, idiosincrasie irrisolvibili o insoddisfazioni represse. Stein sa dare luce e respiro alla verve di Čechov e a quella degli attori, facendoci capire perfettamente perché il drammaturgo russo è un autore ancora tanto moderno e su cui la polvere non si posa.
CRISI DI NERVI. Tre atti unici di Anton Čechov
prima nazionale
produzione Tieffe Teatro Milano e Teatro Biondo Palermo
regia Peter Stein
L’orso con Maddalena Crippa, Alessandro Sampaoli, Sergio Basile
I danni del tabacco con Gianluigi Fogacci
La domanda di matrimonio con Alessandro Averone, Sergio Basile, Emilia Scatigno
assistente alla regia Carlo Bellamio
scene Ferdinand Woegerbauer
costumi Anna Maria Heinreich
luci Andrea Violato
Teatro Menotti, Milano | 6 giugno 2024