GIORGIA VALERI* | «Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio» chiosa Marco Polo nel finale de Le Città Invisibili di Italo Calvino. Proprio dallo spunto immaginario del grande esploratore della Via della Seta, di cui quest’anno si festeggia il 700esimo anniversario dalla morte, parte la sesta edizione del Milano OFF Fringe Festival, dal 26 settembre al 6 ottobre. Quel dare spazio e saper far durare qualcosa, in questo caso la cultura, ancor più nello specifico il teatro, è quanto mai necessario all’interno di un contesto metropolitano come quello milanese, che tra quartieri, municipi, periferie e zone in penombra rischia ogni volta di perdere tutto ciò che esce dalle tasche dell’”utile”.
Così, grazie a Francesca Vitale e Renato Lombardo, direttori artistici del Festival, dai numerosi viaggi condotti in Europa e nel mondo, alla scoperta dei Fringe organizzati nei diversi continenti, ne è scaturito uno tutto italiano, che ha saputo adattare lo spirito internazionale alle esigenze e richieste specifiche della città di Milano. «
Il Fringe è diverso dagli altri festival, perché consente ad artisti indipendenti di misurarsi non solo con un pubblico eterogeneo, ma con esperti di tutto il mondo. È stato anche attuato un progetto che coinvolge la comunità milanese: gli artisti di altre città e nazioni sono stati accolti e ospitati da alcuni cittadini che hanno risposto alla call» spiega Vitale.
Questa iniziativa, dal nome Ospita un artista, è già di per sé una dichiarazione di intenti, che si radica nelle premesse delle origini del Fringe: fringe, ai margini, è un termine usato per la prima volta nel 1947, a Edimburgo, quando, istituito per la prima volta il Festival di Edimburgo, 8 compagnie teatrali vennero escluse dalla programmazione. E quindi, inutile dirlo, vicoli, chiese, piccoli agglomerati di case ai margini della città, tutto ciò che la più grande organizzazione non aveva occupato, diventò palcoscenico di spettacoli e performance gratuite, per sfruttare la visibilità e il pubblico accorso per il Festival ufficiale. Nessuna giuria, nessun biglietto.
Negli anni quel gesto di ribellione è divenuto paradigma di resilienza e casa per tutti coloro che volevano portare la propria arte alla ribalta.
I Fringe disseminati nel mondo continuano a mantenere quel nucleo propulsivo originario, sia nelle scelte artistiche che nell’organizzazione.

Il Castello di Edimburgo ricoperto di luci durante il Fringe del 1950 (Ph. Archive Photo/Getty Images)

Nel caso italiano, dunque, il Fringe collabora apertamente con le istituzioni, nell’ambito del più grande progetto di Milano è viva del Comune di Milano. «È diviso in quattro sezioni: Milano OFF Fringe, che raccoglie i vari spettacoli di artisti e compagnie italiani e internazionali; Milano OFF dell’OFF, già iniziato il 10 settembre, che offre un’ampia varietà di eventi gratuiti disseminati per la città; Milano Village OFF, al Mercato Centrale, cuore pulsante e d’incontro tra compagnie, pubblico e operatori; infine, Milano In, la serata di inaugurazione del Festival» spiega Lombardo. «Ci sono state 350 application, noi ne abbiamo selezionato 250 e poi ciascun direttore ne ha scelti alcuni».
Conclude Vitale: «Il Fringe entra nei municipi e coglie l’humus della città per farne un unico Festival. I temi affrontati degli spettacoli sono tantissimi, ma per citarne alcuni: la boxe, pensando al caso di Imane Khelif, l’aborto, l’odio perpetrato attraverso i social, il sentimento di schadenfreude, ovvero il piacere provocato dalla sfortuna altrui, la lotta ai pregiudizi, la guerra, la commedia, le nuove tecnologie. I temi sono vari e sfaccettati, tutti proiettati a un percorso attraverso il presente. Marco Polo poi ci invita ad esaltare il viaggio come tendenza, quindi molti eventi proseguiranno per tutto l’anno».
Milano Off Fringe confluirà poi nell’edizione catanese dal 17 al 27 ottobre. Nato dalla costola milanese, Catania OFF Fringe dal 2022 si è inserito nel circuito internazionale dei Fringe con l’intento di collegare i vari luoghi cittadini, dal centro alla periferia, attraverso il collante dell’arte e del teatro, rientrando nel più ampio progetto di un dialogo Nord-Sud, mondo-Italia, che si intensifica e si chiarisce ogni anno di più.

 

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.