SOFIA BORDIERI* | Siamo a Palermo in occasione del Mercurio Festival, un evento premiato anche, dopo l’edizione dello scorso anno, dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro. L’esperimento della direzione partecipata da artistə continua e evolve anche nella sesta edizione con una programmazione che si sviluppa dal 21 settembre al 5 ottobre tra gli spazi dei Cantieri Culturali alla Zisa. Lo sguardo cui diamo seguito sarà posto, nello specifico, sull’ultimo week end di settembre, con spettacoli visti particolarmente connessi al titolo di questa edizione: A different present.

Un presente diverso è quello che si vive con The present is not enough di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, autrici e performer insieme a Giacomo Ag, Tony Allotta, Gabriele Lepera, Fedra Morini e Ondina Quadri. Entriamo nel grande salone dello ZAC_Zisa Arti Contemporanee dove all’ingresso, durante lo sbigliettamento, osserviamo una serie di fotografie, proiettate su una parete, che ritraggono New York e la zona portuale di Chelsea degli anni Settanta: inquadrature laterali, squarci o campi lunghi immortalano diversi corpi di una comunità che si mostra, emancipandosi dal “buio”.
Circoscriviamo poi lo spazio scenico abitato da fari montati su aste a rotelle, una striscia di cartone con scritto il titolo dell’opera, un baule su cui un corpo seduto succhia l’alluce di un proprio piede. La suzione intenzionalmente e delicatamente erotica dà avvio all’azione.
Dopo il buio sei performer sedutə e sdraiatə in un unico gruppo ci osservano. I corpi non binari completamente nudi o seminudi sono vicinissimi a noi.  Ci fissano a lungo, i loro occhi non tentennano, creando un disagio mosso personalmente dalla domanda: non vorrei fissare o non vorrei essere fissata? Le presenze emanano così tanta energia che solo in seconda battuta faccio caso all’ambiente sonoro gestito da Ilenia Caleo in una regia posizionata a lato, accanto alle sedute.
L’agire complessivo si sviluppa in vari attraversamenti in cui tuttə si spogliano, si vestono, camminano, spostano le luci, si sdraiano per poi fermarsi in gruppo e fissarci e ancora, piangere, ridere e tornare impassibili. Alcuni cartoncini in scena vengono spostati per creare conformazioni spaziali diverse dove poter stanziare; in più momenti appare chiaro il collegamento all’immagine dei bagni pubblici, luogo simbolo di battuage cioè della vita sessuale libera nella comunità gay. Con gli stessi vengono costruite e disfatte divisioni o semplici coperture parziali. Ogni componente del pubblico, infatti, ha un punto di vista che cambia in base alla propria collocazione fisica. The present is not enough è poco descrivibile perché flusso centrifugo di energie che diventano plastiche nello spazio.

Foto di Nayeli Salas

La performance, messa in azione delle fotografie viste in apertura, fa riferimento a diverse autorialità artistiche e teoriche queer (tra cui David Wojnarowicz, José Esteban Muñoz, Samuel R. Delany, Olivia Laing, Peter Hujar, Jonathan Weinberg, Jack Halberstam, Douglas Crimp, Shelley Seccombe, Alvin Balltrop, Leonard Fink, Tava) provenienti, alcune, da quel momento storico. Mi appare particolarmente utile fare riferimento a Cruising Utopia un “classico del pensiero deviante” di Muñoz per cui «il queer è un modo di desiderare strutturante e colto che ci permette di vedere e sentire oltre il pantano del presente» che, non essendo pregnante di pensiero critico, è anti-utopico. Il presente che naturalizza capitalismo e eteronormatività è, in altre parole, un tempo che promette futuro solo a chi nel qui e ora aderisce alla struttura sociale, economica, culturale dominante. Nel presente che quindi non è abbastanza, il queer è un salto al di fuori dallo straight verso una diversa appartenenza collettiva. Calderoni/Caleo hanno reso questi concetti fenomenologici ricerca performativa, con presenze e azioni attraversanti e occupanti densamente la scena.

Sull’ondata della queerness la serata continua con Esercizi di equilibrio sull’asse di genere di e con Élan D’Orphium. La figura nuda, per tutta la durata in penombra, esegue su un tavolo una sequenza di esercizi fisici ripetuta quattro volte. Una camminata lungo il contenuto perimetro di legno è come una ricognizione d’apertura, anticipatoria della serie di affondi laterali, squat, equilibri.
L’avvio è a piedi nudi con l’accompagnamento di un metronomo che scandisce il tempo. Ogni nuova serie poi viene svolta dopo aver indossato scarpe decolleté, dai tacchi sempre più vertiginosi, arrivando (ad occhio) ai trenta centimetri. Il beat ticchettante è soffocato e sostituito da espirazioni e traballii dei tacchi che segnano un tempo più fluido seppur sempre rigoroso. L’impressione è quella di assistere a un fenomeno spettacolare da fiere universali del primo Novecento, una dimensione questa accentuata dall’aspetto androgino di D’Orphium che sul proprio corpo mostra quadri disegnati da carte da gioco, una capigliatura che ricorda il Jolly e una parrucca-ponytail protesi pelosa attaccata sul pube. I movimenti delle braccia equilibrano l’asse del corpo sempre più sottoposto all’estremo. Sono misurati e sviluppati in avanti e indietro, con una particolare articolazione delle dita che ricorda il flamenco. L’atmosfera carica di tensione e di empatia del pubblico è palpabile, ma i movimenti di D’Orphium nell’elevazione estrema sembrano più sicuri, determinati. Una performance semplice nell’idea ma forte e chiara, capace di farci chiedere: quanto è più scomodo stare lì con noi che stiamo a guardare?

Foto di Nayeli Salas

Si cambia tono con Premonition di e con Giorgia Ohanesian Nardin, un lavoro che intreccia danza e scrittura. Entrata in scena completamente nuda, si veste, indossa anfibi e due cinture da danza del ventre, una in vita e una sotto al seno, con l’aiuto di F. De Isabella che dirige il disegno sonoro su un tappeto persiano. La danza d’inizio, il cui suono viene registrato dalla danzatrice stessa, si sviluppa nello spazio con movimenti direzionati da segmenti precisi del corpo – mani, gomito, testa, tronco – con focus saltuari sulle oscillazioni del bacino. Si aggiungono via via espirazioni silenti e rumorose che producono talvolta sonorità erotiche, gemiti e stridi acuti accompagnati da movimenti della bocca e della lingua. Cesura di questo momento è la lettura di un testo scritto da Ohanesian Nardin che dà voce a molteplici riflessioni legate al tema dell’ardore mescolate a domande esistenziali. Il testo è una creazione molto interessante, una coraggiosa esposizione del sé in cui è possibile talvolta proiettarsi, immergersi e perdersi. Una serie di azioni, tuttavia, inizia a creare scollamenti strutturali.
Nonostante l’incipit sia esso stesso ambiguo con la vestizione in scena, azioni come intrecciarsi i capelli, cantare sottovoce Believe di Cher, salutarci con un “buonasera, grazie di essere qui” per poi tornare nel proprio flusso riflessivo, si configurano come distrattori. Il testo, sul volgere della fine, si compone sempre più di termini ermetici e sintassi criptiche che insieme all’agire costruiscono una chiusura progressiva verso chi assiste. In quella “camera” privata, allora, chi è davvero l’interlocutore? Proprio poco dopo quel saluto diretto, ci si sente un po’ persi davanti a un acting centripeto.

Foto di Marco Ernani

Il week end è stato ricchissimo di performance musicali con Riad Nassar e Camilla Pisani che hanno costruito propri viaggi fluttuanti e ambient e con Nava e Silvia Calderoni protagoniste di dj-set coinvolgenti ed entusiasmanti. Per i più piccoli è stato portato in scena Scherzo a tre mani di Dario Moretti con Saya Namikawa al pianoforte, uno spettacolo divertente di pittura e musica.
Un appuntamento da porre in luce è stato quello con il cinema, il primo per il Mercurio Festival, con la proiezione di Lisca Bianca diretto da Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbicca. Un film documentario toccante sulla storia dei coniugi Albeggiani che, dopo aver deciso di vivere in mare, nel 1984 hanno intrapreso un viaggio attraversato l’Atlantico a bordo della loro barca a vela “Lisca Bianca”. Una barca che oggi scrive nuove storie in quanto luogo attivo e mobile di progetti sociali e turismo sostenibile promossi dall’omonima associazione.

 

LISCA BIANCA
regia e fotografia Giuseppe Galante e Giorgia Chiara Luna Sciabbica
suono Francesco Vitaliti
montaggio Beatrice Perego, Giuseppe Galante
supervisione al montaggio Chiara Andrich
musiche originali Sergio Beercock
produttori Chiara Andrich, Andrea Mura, Giovanni Pellegrini
Una produzione Ginko Film
Realizzato nell’ambito del Patto per lo Sviluppo della Regione Siciliana (Patto per il Sud) FSC 2014-2020
Con la collaborazione di Associazione Lisca Bianca; USSM – Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo con annesso centro diurno polifunzionale del Ministero della Giustizia – Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità; CRicd – Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione grafica, fotografica, aerofotogrammetrica, audiovisiva.

THE PRESENT IS NOT ENOUGH
un progetto di Silvia Calderoni / Ilenia Caleo
con Giacomo AG, Tony Allotta, Silvia Calderoni, Ilenia Caleo, Gabriele Lepera, Fedra Morini, Ondina Quadri
suono Gabor + SC
cura e produzione Elisa Bartolucci
consulenza drammaturgica Antonia Ferrante, e moltx amicx* praticanti
co-produzioni Azienda Speciale Palaexpo – Mattatoio | Progetto Prender-si Cura, Kampnagel (Hamburg), Kunstencentrum Vooruit vzw (Ghent), Motus Vague
con il supporto del progetto residenze coreografiche Lavanderia a Vapore (Torino)

 ESERCIZI DI EQUILIBRIO SULL’ASSE DI GENERE
un’opera di Élan d’Orphium

SCHERZO A TRE MANI
ideazione di Dario Moretti
con Dario Moretti e Saya Namikawa
musiche di Béla Bartòk 

PREMONITION
testo e movimento Giorgia Ohanesian Nardin
disegno del suono F. De Isabella
prodotto e sostenuto da Associazione Culturale VAN, Ministero della cultura, Regione Emilia-Romagna, Casa Testori Milano
cura, management e produzione Giulia Traversi

MERCURIO FESTIVAL | Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo | 28 e 29 settembre 2024

 

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.