RENZO FRANCABANDERA | Se da alcuni anni seguiamo la danza a Vicenza c’è un motivo. E se quest’anno la NID si è svolta nella splendida cittadina veneta c’è un motivo. Il lavoro seminale, granulare, importante che sulla danza è stato svolto qui in questi ultimi anni è di calibro nazionale. E non a caso la città è stata scelta per ospitare la NID Platform 2024, punto di incontro cruciale per la danza contemporanea indipendente italiana: non solo  vetrina di spettacoli ma occasione di dialogo fra artisti e professionisti del settore, in un contesto sempre più internazionale. Svoltasi a Vicenza nella scorsa settimana, la manifestazione promuove da anni la connessione tra compagnie e operatori, facilitando anche l’internazionalizzazione della scena coreutica. A fare da padroni di casa Giacomo Cirella rappresentante capofila RTO_ New Italian Dance platform 2024 e segretario generale del Teatro Comunale Città di Vicenza, Loredana Bernardi e Alessandro Bevilacqua che co-dirigono Danza in Rete, una delle migliori stagioni di danza in Italia oggi, una sorta di festival che dura 4 mesi e che attraversa la stagione, cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni.

Il tema di quest’anno, Get Back to Dance, celebra il ritorno alla danza dopo le difficoltà degli ultimi anni, focalizzandosi sull’esplorazione del corpo come strumento di espressione artistica e sull’armonia del movimento. L’evento si articola in due principali sezioni: Programmazione e Open Studios. La Programmazione offre almeno dieci spettacoli che hanno debuttato o sono in procinto di debuttare, dando al pubblico e agli operatori un’ampia panoramica della produzione coreutica italiana. Open Studios, invece, consente agli artisti di presentare progetti in fase di sviluppo, favorendo la collaborazione con potenziali partner produttivi e l’esplorazione di nuove forme coreografiche.
Oltre agli spettacoli, NID Platform propone incontri e attività collaterali volti proprio a favorire il networking e lo scambio di idee tra artisti e critici, creando uno spazio di riflessione sullo stato della coreografia contemporanea italiana. L’obiettivo di NID non è solo proporre le creazioni coreutiche ma anche stimolare la creazione di nuovi mercati per le compagnie italiane, favorendo un’interazione più stretta con la comunità internazionale e supportando la crescita dei giovani talenti e delle nuove tendenze. Abbiamo assistito ad alcuni spettacoli nelle giornate di venerdì 11 e sabato 12 ottobre.

Nella due giorni, incontriamo ben due spettacoli ispirati alla geografia gestuale del mondo dello sport. La prima non lascia equivoci fin dal titolo: Sport di Salvo Lombardo è una riflessione sui concetti di corporeità, relazione e confronto, terzo capitolo della trilogia L’esemplare capovolto, iniziata nel 2018 e ispirata a tre opere storiche della danza accademica italiana del XIX secolo, create da Luigi Manzotti per il Teatro alla Scala. Lo spettacolo, andato in replica per due volte in poco meno di tre ore sul palco del comunale di Vicenza nella serata di venerdì 11, con il pubblico disposto sui due lati del rettangolo che ospita la performance, vede in scena i quattro interpreti, in tuta. Li vediamo adagiati sul tappeto all’ingresso, che aspettano l’inizio. L’avvio è di movimenti lenti, capriole di riscaldamento ma con una dinamica di relazione, sguardi e incontri, che diventa via via più intensa con l’evolvere dell’azione fisica in veri e propri incontri di lotta, fra la pratica greco-romana e lo judo, il progredire di queste azioni fisiche culmina nel gesto del makikomi, o spallata: uno dei due lottatori, facendo leva sulla propria spalla, rovescia l’avversario facendolo volare oltre la propria testa, fino alla caduta.
Ecco, in Sport, nel suo evolvere drammaturgico, Lombardo, coreografo e performer di grande versatilità e direttore artistico della compagnia Chiasma, arriva progressivamente a esplorare dapprima il tema della relazione come incontro e scontro, e poi la “caduta” come condizione esistenziale, utilizzandola per mettere in discussione gli ideali di prestazione e agonismo.

ph Roberto de Biasio

Nessuno vince in questi incontri scontro, anzi, alcune prese sanno di abbraccio, quasi di intenzione di innamoramento, per poi trasformarsi in gesto atletico fino all’escussione, una metafora, secondo l’intenzione dell’artista, della nostra condizione contemporanea, segnata da stanchezza e decadenza.
Dal punto di vista estetico e concettuale, Lombardo cerca di ridefinire la performatività del corpo, non solo nella danza ma anche nello sport, evidenziando come questi due ambiti siano intrecciati con forme di potere, costruzioni di identità di genere e architetture sociali, spesso condizionanti. Qui i performer giocano sulla resistenza e sull’accettazione della caduta come inevitabile. Le sonorità partono da una ipnotica ripetizione di sei note che per diversi minuti si ripresentano senza sosta, per poi allargarsi nella traccia Hivier di Iosonouncane.
Il disegno luci (pregevole opera minimalista, come lo spazio e la direzione tecnica, di Maria Elena Fusacchia e Alessio Troya) illumina e delimita dall’alto, con due sagomatori led, la superficie rettangolare bianca su cui i performer danno vita a questo allenamento da palestra. Agli estremi del lungo rettangolo, due sedute, anch’esse bianche. Sembra di stare in una palestra/salotto ma in realtà alcune ombre nel gioco di luci paiono alludere a uno spazio aperto, a nuvole di passaggio, come a tirar fuori dall’ambiente chiuso e dalla fissità della scena, a voler fare compiere il passo dall’azione ginnica a una specie di indagine socio-culturale sulla decadenza e la resistenza all’interno del sistema di valori contemporaneo.

disegno live di Renzo Francabandera

L’evolvere drammaturgico ha una fase centrale del lavoro che ancora può lavorare sulla asciugatura e sulla trasposizione – che quando c’è è assai bella – del gesto sportivo in simbolo, ora di relazione interpersonale ora di dinamica soggettiva della prova con sè stessi e con gli altri; nel complesso la realizzazione è efficace e trasmette la sfiancante sensazione della pratica estenuante, come pure della resa (con il gesto della mano battuta al tappeto, come negli incontri per liberarsi dalla presa) intesa come possibilità di uscita dall’incubo della competizione.
Da questo punto di vista il lavoro ha una sua intensità che non ha mancato di colpire gli spettatori, ammirati anche per la forza di chi ha interpretato (Chiara Ameglio, Jaskaran Anand, Fabritia D’Intino, Daria Greco) impegnandosi generosamente in due repliche a distanza di meno di un’ora l’una dall’altra.

Passiamo alla giornata di sabato e alla filata di spettacoli iniziata la mattina con Decisione consapevole di Roberto Tedesco (Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza). Nato nel 1992, si è formato alla Scuola del Balletto di Toscana. Dopo una lunga collaborazione con Aterballetto, ha sviluppato diversi progetti coreografici, di alcuni dei quali abbiamo anche reso testimonianza su PAC, perchè ospitati all’interno di Danza in Rete Off proprio a Vicenza. Il coreografo è stato selezionato per NID Platform 2023 e 2024, confermando la sua posizione emergente nel panorama della giovane danza d’autore italiana. La coreografia della durata di circa un’ora si sviluppa nell’intenzione artistica attorno a quattro concetti chiave: isolamento, intimità, comunicazione e comunità, temi che strutturano le decisioni registiche, guidando i danzatori a prendere scelte consapevoli in uno spazio scenico vuoto, che riempiono o svuotano con i propri gesti e interazioni.

disegno live di Renzo Francabandera

La coreografia si basa su una mappa concettuale che funge da bussola per le improvvisazioni, con lo scopo di trasformare le decisioni individuali in azioni sceniche collettive. I quattro interpreti (Mattias Amadori, Eleonora Dominici, Laila Lovino e Francesco Misceo) sono sempre in scena e abitano una geografia quadrata bianca, inscritta in un secondo quadrato illuminato (bello, complesso e raffinato il disegno luci di Giacomo Ungari) da luci sagomate che lo colorano di azzurro. Il tono luminoso chiaro e di leggera temperatura calda rafforza la dimensione accogliente nel sound design di Giuseppe Villarosa, fatto di un pot-pourri di numerose tracce sonore di matrice elettronica ma con qualche accenno di ballata romantica e un vociare di bambini che vogliono alludere a una dimensione ludica che invero contrasta con un gesto sincopato, quasi robotico, e che rimanda quindi a intenzioni sociali sempre più condizionate da eterodirezioni digitali, che fanno perdere l’innocenza e la spontaneità delle relazioni.

ph Roberto de Biasio

Il gesto robotizzato, interrotto, nevrotico, che nei due interpreti maschili diventa anche break, si poggia su musiche che quasi nel titolo vogliono rivelare il tema della doppiezza realtà/finzione, ma anche del nostro essere burattini in mano a non si capisce più chi (una delle tracce si intitola Real people, not actors).
Secondo l’intenzione coreografica, le decisioni dei danzatori, sebbene consapevoli, sono libere e flessibili all’interno di determinati confini, come quelli imposti dai costumi, metafora della consapevolezza stessa: i costumi di Francesca Messori di sapore leggermente vintage ammantano di nostalgia, rimandano infatti all’idea di una semplicità perduta, alla necessità di tornare nudi a conoscere se stessi, magari andando a ritroso nel nostro vissuto. Alcune ricorsività drammaturgiche sono semplificabili per rendere il tanto lavoro più pulito e tagliente. Con qualche sequenza in meno forse è possibile arrivare a una definizione ancora più distillata e chiara delle intenzioni, prossime a una rotondità definitiva.

Arriviamo nel pomeriggio alla visione di Zugzwang, spettacolo di cui avevamo ampiamente e dettagliatamente narrato un anno e mezzo fa, quando  la coreografia di Elisabetta Lauro e Gennaro Andrea Lauro (Sosta Palmizi) era stata proposta, sempre nella cornice di Danza in Rete Off, a Schio.

disegno live di Renzo Francabandera


Attraverso movimenti fisici minimi, ritmati e carichi di tensione emotiva, la coreografia sviluppa un labirinto gestuale simbolico, in cui ogni gesto rappresenta un enigma da decifrare, cercando di superare la logica rigida delle regole imposte. La maturazione del lavoro in questo anno ha affinato i tempi e il raccordo poetico, che con l’andare della creazione avvicina due solitudini distanti e diverse, cristallizzate in gesti lenti, isolati e in teoria incompatibili, in un progressivo avvicinamento, alla ricerca di affinità lontane, che culmina (anche grazie all’intervento nella drammaturgia di una terza figura, il musicista Amedeo Monda, con le sue lievi interferenze sonore) in un vero e proprio poetico riunirsi.

L’idea artistica è molto chiara, ben resa, efficace, e sulle note belle e vintage di Immensità (2019) di Andrea Lazlo De Simone, che sanno di lento da balera anni Settanta (come tutto il bell’album omonimo), i due arrivano a dialogare, a far combinare i gesti che magicamente si incastrano e li incastrano l’una nell’altro. E l’accoglienza è molto calorosa in sala.

ph Roberto de Biasio

E a suo modo di incastri parla anche Sinking di e con Sasha Riva e Simone Repele – (A.S.A.P.Q.), che collaborano nella omonima compagnia dal 2020 dopo la comune formazione presso il Balletto di Amburgo.
Nei venti minuti di Sinking succede di tutto: due uomini si incontrano, si avvicinano, paiono arrivare a un amore che ha una sua dimensione poetica ma anche domestica (a simboleggiarlo un tavolo e due sedie sul fondo a destra della scena). Gesti e combinazioni che mescolano postura classica e espressionismo contemporaneo (un po’ nella lezione di Alonzo King e di quel linguaggio binario, dove la purezza neoclassica incontra il presente della coreografia) si succedono dentro una creazione visionaria in cui la trama resta comunque molto leggibile: un certo punto è chiaro un dramma, una catastrofe, una guerra, fumo, calcinacci, che li impolverano ma che li lasciano apparentemente in vita. E in questo ritrovarsi dopo il disastro, l’unione, l’incastro appunto, arriva a un livello profondo e inscindibile su cui il lavoro, che non indulge (e speriamo non lo faccia nemmeno in futuro) in inutili allungamenti e didascalie, si conclude.
Riva e Repele collaborano da diversi anni e la loro cifra è poetica e teatrale, e incarna qui il dialogo muto fra i due personaggi.

La scelta delle musiche è un omaggio ai maestri del minimalismo, partendo da Metamorphosis Two di Philip Glass. Ma in realtà nei primi istanti della creazione, e poi più volte nel seguito, riecheggia il noto frammento della voce del barbone che canta Jesus’ blood never failed me yet, che Gavin Bryars trovò fra le registrazioni fatte per strada a Londra dal suo amico Alan Power nel 1970 per un film ce he trasformò, orchestrando e mettendo in loop questa sequenza vocale dall’andamento armonico ciclico, prima aggiungendola (nella versione del 1975) al suo precedente capolavoro del minimalismo dal titolo The Sinking of The Titanic – a cui immaginiamo paghi tributo anche il titolo di questa coreografia – e poi in un meraviglioso concept album del ’93.
Dal punto di vista musicale, mi permetto di osservare semplicemente che a un certo punto dello spettacolo, mentre una drammatica luce fredda centrale illumina dal fondo la scena, la famosa traccia sfuma in un’altra che ha scala tonale evidentemente diversa. Basterebbe poco con le tecnologie disponibili per annullare questo spiacevole scalino di dissonanza armonica.
Sul resto, la creazione è di brevità intensa, ben eseguita e formalmente coerente. Funziona e nel suo stile peculiare convince il pubblico, come d’altronde fanno Riva&Repele ormai da anni con questo schema narrativo di tristezza esistenziale muta e a tratti ironica, che così, a pelle, fa tornare in mente i bianco e nero con Buster Keaton, dove la vita è un sottile equilibrio fra dramma e clownerie, da prendere forse con il riso anche quando è da piangere.

disegno live di Renzo Francabandera

Finiamo il racconto di questa breve full immersion con Samia, coreografia di Adriano Bolognino  (Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza), anche lui di casa recentemente qui a Vicenza con molti dei suoi lavori, sempre nella bella vetrina invernale di Danza in Rete Off, diretta da Alessandro Bevilacqua. Classe 1995, napoletano, il coreografo si è affermato negli ultimi anni sulla scena italiana per uno stile riconoscibile fatto di delicatezza e precisione. Il suo lavoro si caratterizza per una ricerca continua della bellezza in movimenti semplici e puri, che mira a evocare forti emozioni con un linguaggio essenziale e diretto.
La creazione proposta a NID 24 da Bolognino è ispirata alla storia di Samia Yusuf Omar, giovane atleta somala tragicamente scomparsa nelle acque del Mediterraneo mentre da profuga cercava di raggiungere l’Europa per inseguire il sogno olimpico. In scena sei figure femminili (oltre a Rosaria Di Maro, pregevole danzatrice dalla corporeità espressionista e interprete feticcio dell’intenzione artistica di Bolognino, Laura Miotti, Serena Pomer, Roberta Fanzini, Noemi Caricchia, Ines Giorgiutti) cui è affidata questa azione fisicamente intensa, fatta di migliaia di micromovimenti, che pur interrotti, oggetto di partizione, di continue deframmentazioni, scatti e blocchi, finiscono per fluire in una composizione che – pur restando formalmente astratta nel singolo componente – arriva a unificarsi in una visione, se non figurativa, certamente emotivamente decodificabile, come in una creazione pittorica di pointillisme.
Pensare anche solo allo sforzo non solo interpretativo ma di concentrazione e memoria della partitura gestuale cui sono sottoposte le interpreti, già di per sè colpisce al termine della replica: lo sforzo compositivo da un lato e interpretativo dall’altro raggiunge una complessità davvero notevole.
Fra coraggio, speranza, disperazione, la vicenda umana da cui il lavoro prende le mosse riesce a trasmettere il peso dell’umanità racchiuso in una storia personale e universale. Le musiche di A Winged Victory For The Sullen, sono necessariamente minimaliste per non caricare di inutili barocchismi un movimento già di suo assai ricco e che riempie lo sguardo, e che si fonda su una frenesia gestuale che ha rari momenti di stasi e intervallo.
Nella prassi delle creazioni di Bolognino, lo spazio è vuoto. A raccontare le vicende sono sempre e solo i costumi, cui Di Maro dedica la sua acuta intelligenza compositiva e stilistica con variazioni minimali ma interessanti sul tema del costume da nuotatrice – in cui interviene anche Bolognino, e le bellissime luci di Gianluca Sacco, capaci, nel volgere di poco, di trasportare lo sguardo dentro profondità subacquee.

ph Roberto de Biasio

Nella composizione scenica e nei movimenti, in un cinematografico intreccio continuo e fluido di primi piani, campi intermedi e campi lunghi, tornano alla mente (e forse non casualmente) alcune idee compositive ispirate ai film sull’iconografia sportiva di Leni Riefenstahl.
Magnifico è il contributo sia fisico che interpretativo che le sei interpreti restituiscono all’idea registica. Pur non varcando mai la soglia dell’espressione mimica, che resta quasi da maschera neutra se non in pochi accenni (che proprio per questo acquisiscono forza espressiva specifica), il disegno espressivo complessivo nasce proprio dal ricamo delle posture, della minuziosa e accurata indagine sulle geografie del palco grande del Comunale di Vicenza, sfruttato in tutta la sua ampiezza e con grande acume nello sviluppare i piani e le profondità.
Nelle diverse visioni finora raccolte di Bolognino (fra le ultime Come neve a Vicenza l’anno passato e Rua da saudade a Kilowatt questa estate), l’impressione personale è che alla non comune abilità creativa del gesto e del movimento scenico, manchi solo, per la definitiva e ormai vicina grande maturità, la dolorosa (per l’artista, s’intende) capacità di ridurre il narrato scenico all’essenziale. Ma siamo in ogni caso di fronte a lavori dal tessuto compositivo davvero notevole.
Si esce sempre da queste visioni con gli occhi pieni di una bellezza immaginativa, di un pulsare tragico e vitale allo stesso tempo, oltre che con un sentimento fisicamente riconciliante con la danza agita, che quindi non delude lo spettatore.

 

Visti 11/12 ottobre 2024

 

SPORT

ideazione, coreografia, regia Salvo Lombardo
interpreti Chiara Ameglio, Jaskaran Anand, Fabritia D’Intino, Daria Greco
una produzione Chiasma 2023 nell’ambito della trilogia “L’esemplare capovolto”
luci, spazio e direzione tecnica Maria Elena Fusacchia e Alessio Troya
musiche Iosonouncane, Wolfgang Amadeus Mozart
disegno del suono Fabrizio Alviti
styling Ettore Lombardi
consulenza teorica Alessandro Tollari
training coach Pietro Piscitelli, Federico Pucher, Andrea Sorbello, Luigi Uberti
cura e accompagnamento Paola Granato
produzione Chiasma coproduzione FESTIVAL MILANoLTRE, Fattoria Vittadini
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e Regione Lazio
con il sostegno di Lavanderia a Vapore, Teatro di Roma / Teatro Nazionale, Scenario Pubblico / Centro di Rilevante Interesse Nazionale per la Danza, C.L.A.P.Spettacolo dal vivo, CapoTrave / Kilowatt, Ostudio
in collaborazione con Università degli Studi di Torino | Dipartimento di Studi Umanistici
grazie a CUS Torino, A.S.D Lotta Brescia e Lotta Club Jonio

 

DECISIONE CONSAPEVOLE

coreografia di Roberto Tedesco
interpreti Mattias Amadori, Eleonora Dominici, Laila Lovino, Francesco Misceo
musiche Eskmo, Brendan Angelides, Rival Consoles, The Gentleman Losers, Pan-American, Johann Sebastian Bach, Raime, Senking
sound designer Giuseppe Villarosa
luci Giacomo Ungari
costumi Francesca Messori
produzione Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza
coproduzione Centro Coreografico Nazionale Aterballetto
in collaborazione con ArtistiAssociati, ARTEFICI.ResidenzeCreativeFVG

 

ZUGSWANG

di e con Elisabetta Lauro e Gennaro Andrea Lauro
musica Amedeo Monda
luci Tea Primiterra
produzione Sosta Palmizi, Compagnie Meta, Cuenca/Lauro
coproduzione FESTIVAL DANZA IN RETE – Teatro Comunale Città di Vicenza
realizzato con il contributo di ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche
azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino – Coordinamento azione ResiDance XL per il Network AnticorpiXL in collaborazione con Teatro Akropolis, Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura, Comune di San Vito dei Normanni, TEX – Il Teatro dell’ExFadda con il sostegno del CSC di Bassano del Grappa

il progetto è stato inoltre accolto presso Festa di Teatro Ecologico di Stromboli, Teatro in-folio / Residenza Carte Vive, Invito alla Danza – Barletta, Ménagerie de Verre – Paris, CND – Paris, CENTQUATRE- Paris

SINKING

coreografia Riva & Repele
interpreti Sasha Riva e Simone Repele
musiche Philip Glass – Gavin Bryars 

 

SAMIA

coreografia di Adriano Bolognino
musiche originali di Vito Pizzo
musiche A Winged Victory for the Sullen
interpreti Rosaria Di Maro, Laura Miotti, Serena Pomer, Roberta Fanzini, Noemi Caricchia, Ines Giorgiutti
costumi Rosaria Di Maro con lavori di Andrea Bolognino
luci Gianluca Sacco
produzione Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza, Rum för Dans, Orsolina28

con il supporto di MiC – Ministero della Cultura, Regione Campania, IIC Colonia, Staatstheater Darmstadt – Hessisches Staatsballett, NID Platform