FRANCESCA POZZO / PAC LAB* | Cinque sgabelli e una poltroncina in proscenio, a sipario chiuso. Così inizia il nuovo Novecento diretto da Gabriele Vacis che, poco prima dell’inizio, chiacchiera con i suoi ex allievi vicino al palcoscenico. Le luci non si spengono e loro occupano le proprie postazioni, richiamando al momento giusto l’attenzione del pubblico.
Il regista inizia a parlare, raccontando la genesi dell’opera di Alessandro Baricco; gli attori di PoEM sono vestiti tutti sui toni del mare e hanno fra le mani una copia del testo. La narrazione è ambientata negli anni ’30, nell’epoca in cui Hemingway e Fitzgerald frequentavano il locale dove mangiava Joyce, senza avere il coraggio di avvicinarlo. Un aneddoto che spiega quanto l’Europa fosse un punto di riferimento e come la cultura fiorisse nello spostamento continuo fra i due continenti. Quest’idea di movimento, avanti e indietro, è quella che ha ispirato lo scrittore a rappresentare la dimensione del viaggio.

Ph Luigi de Palma, foto delle prove dello spettacolo “Novecento”

Lorenzo Tombesi si rivolge poi direttamente al pubblico, chiedendo chi ha visto il precedente con Eugenio Allegri e restituendoci il suo ricordo. A questa domanda io alzo la mano e la mia mente torna a troppi anni fa e alla sensazione che Allegri stesso fosse Novecento, mentre dominava da solo in scena. I giovani iniziano con un reading parzialmente drammatizzato.
Nel gioco teatrale loro diventano i musicisti del Virginian e noi il loro pubblico. Un neonato è stato abbandonato nella sala della prima classe, quella in cui loro si esibivano. Il trombettista Danny Boodman decide di adottarlo, dandogli come nome T.D. Lemon Novecento. Vacis ci spiega che anni dopo, alla morte del padre adottivo, Novecento deve scendere dalla nave: non è registrato da nessuna parte e deve essere consegnato alle autorità, ma all’attracco, nessuno lo trova. Il transatlantico sembra ripartire senza di lui, ma il capitano poi lo ritrova di notte nella stesso posto in cui è apparso la prima volta. Suona il pianoforte su cui “è nato” è commuove tutti grazie alle sue abilità musicali. E continua per anni finché non incontra Tim Tooney – il narratore testimone di questa vicenda – durante la scena della burrasca, forse la più significativa per chi ha assistito alla performance attoriale di Allegri. Per renderle giustizia, il sipario si apre e dall’alto viene calata una piccola sagoma di pianoforte, su cui due attori si issano e ondeggiano al ritmo del mare che ci raccontano.

Ph Luigi de Palma, foto delle prove dello spettacolo “Novecento”

Al nuovo intervento del regista, altri piccoli pianoforti scendono dall’alto nel rappresentare la sfida con Jelly Roll Morton. L’uomo, convinto di essere l’inventore del jazz, vuole sfidare il protagonista e tenta di impressionarlo con alcuni pezzi di bravura tecnica. Novecento però non riesce a prendere la sfida sul serio e improvvisa  musichette natalizie. Quando però si decide a esporsi, suona con tale trasporto da far sfrigolare le corde del piano. Su quelle, infine, accende una sigaretta al suo rivale.
Arrivati a questo punto la forma dello spettacolo, una lettura che prevede poco movimento e molte spiegazioni, comincia a soffocare quel testo che per anni ha popolato i nostri immaginari e ad allentare il suo intrinseco senso di incanto.

Arriviamo così al punto della storia in cui lasciare il Virginian si tramuta da paura in desiderio: il protagonista decide di cambiare angolazione e osservare il mare dalla terra. E però non ce la fa, anche se Tim se ne dovrà andare. Il velluto del sipario si richiude su sé stesso, e i mondi dei due uomini si separano definitivamente. Rimangono solo Vacis e Pietro Maccabei, entrambi sottolineano che Tim è sceso da quella nave per raccontarci una storia, quella buona storia senza cui si è perduti, e così anche loro espongono la propria. Per Maccabei è la perdita di un suo amico, in Umbria, per un colpo partito per errore durante la caccia. “Lo spettacolo è dedicato ai nostri morti”, dice: all’amico, a Eugenio Allegri. Secondo quest’ottica verrebbe da pensare che spetti a lui (Maccabei) l’ultimo monologo di Novecento, invece è Vacis a chiudere il cerchio, con la maestria che lo contraddistingue, in una sorta di passaggio di consegne alle nuove generazioni, fra gli applausi sentiti del pubblico.

NOVECENTO

di Alessandro Baricco
con (in ordine alfabetico) Lucia Corna, Pietro Maccabei, Letizia Russo
Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera
e con Gabriele Vacis
regia Gabriele Vacis
scenofonia e ambienti Roberto Tarasco
suono Riccardo Di Gianni
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con PoEM Impresa Sociale | Potenziali Evocati Multimediali
Si ringrazia Officine Morello per la realizzazione degli elementi scenici

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.

Teatro Gobetti, Torino | 10 ottobre 2024