SOFIA BORDIERI / PAC Lab* | Tra i cinquantanove spettacoli in programma nell’appena conclusa terza edizione del Catania Fringe Off Festival, in questo secondo capitolo siamo andate alla ricerca di proposte più legate alla danza contemporanea e al teatro fisico (qui il primo contributo di Elena Zeta Grimaldi). Dal 17 al 20 e dal 24 al 27 ottobre si sono svolte duecentotrentasei repliche di spettacoli organizzati per categorie, talvolta curiose, indicative del genere spettacolare per un orientamento a grandi linee dello spettatore dentro un’offerta così ampia. Un scelta forse un po’ netta e di semplificazione, che però può riservare sorprese a spettatori e spettatrici.
Parliamo subito della scoperta sorprendente di un lavoro che, nell’indice, è inserito nella categoria “Drammaturgia contemporanea” e appare, invece, come “Monologo” nella pagina ad esso dedicata nel programma; uno spettacolo, comunque, che poteva rientrare anche in “Danza” e “Teatro fisico”.
Entrando in sala, Annalisa Limardi è già in scena a riscaldarsi. Senza soluzione di continuità con le sue espirazioni sempre più rumorose, si inserisce la traccia sonora composta da una serie di versi e onomatopee ritmati e mixati fino a diventare una traccia dal sapore anni ’90. Un’euforia travolgente muove una pop dance interrotta da un’apatia prima intermittente che vince sempre più su quello stato esaltato, evidentemente fittizio.
Nel buio e nel silenzio, piombati nel frattempo con il prevaricare dell’angoscia, il microfono montato su asta viene illuminato da un occhio di bue sinistro: l’avvicinamento e poi il contatto con l’oggetto viene reso difficile da una repulsione tradotta in suoni assordanti, distorti.
La voice over dice: «parlami di te». Così, il microfono diventa personaggio, un condensato di voci esterne – quelle delle persone che ci circondano o più ampiamente di un gruppo sociale – bombardanti, indiscrete, inopportune. L’effetto delle voci si riversa sul corpo che, tra floorwork e movimenti sviluppati nello spazio, ne risulta torturato. All’apice della sofferenza psicofisica, arriva la reazione: dire no. Resistenze e rivoluzioni personali vengono tradotte in una danza fisica e poi vocale, attraverso un testo rap dal sapore poetico parlato e cantato dalla performer. La violenza verbale, grazie alla propria presa di consapevolezza, viene confinata al di fuori dello spazio personale che si relaziona con essa, solo a quel punto, in modo perfino giocoso.
Limardi con il suo NO, scrive una partitura fisica e verbale originale, solida e chiara. Uno spettacolo intelligente, capace di esprimersi senza cliché e modalità trite.
Sempre nella Sala Verde di Zō Centro Culture Contemporanee, all’ingresso sentiamo già Wannabe delle Spice Girls, mentre Simona Miraglia in total fucsia è indaffarata nella pulizia minuziosa del linoleum: invita tuttə a pulire le scarpe prima di accedere alle sedute utilizzando i due zerbini arcobaleno posti sull’ingresso. Gettato lo spazzolone per terra, con il suo tonfo cala anche il silenzio. In quest’atmosfera sospesa, improvvisamente privata dal contesto musicale precedente, la danzatrice sviluppa una serie di pose plastiche “macchiate” da automatismi gestuali legati alle faccende domestiche. La sua figura ritornerà alla fine, concludendo circolarmente.
Lo spazio viene allora lasciato a tre figure vestite di velluto e raso blu, cariche di una certa sacralità smussata dagli accessori bianchi in tulle che richiamano l’abito nuziale.
Come un rito processionale Silvia Oteri, Marta Greco e Amalia Borsellino (Collettivo SicilyMade) percuotono ognuna un pentolino con un cucchiaio metallico producendo ritmi che si intersecano, tempi e contro tempi ostinati. Da un atteggiamento inerte, l’agire gradualmente si fa più feroce: la rivolta è vicina.
I corpi, allora, ci immergono come in un sogno glitterato, una allucinazione realistica che ricorda le prime scene de La città delle donne di Fellini, in cui il “dovere femminile” è tradotto in dissenso attraverso uno slittamento di senso degli oggetti e del loro uso. Le danzatrici si liberano nello spazio con un flusso di movimento fluido caratterizzato da inserti di vogueing. Nella visione emerge un sentore di isteria, come esito di una liberazione troppo a lungo negata, che si sviluppa su una traccia che ricorda il suono iniziale dei pentolini, ma stavolta è dance anni Ottanta.
Proprio sull’apice, però, le danzatrici si adagiano al pavimento, sul tappeto di coriandoli sparpagliati durante la “festa” precedente. Dopo lo svago, giustamente arriva l’ora di ripulire, così Miraglia torna per spazzare via i residui della “bravata”.
NO
di e con Annalisa Limardi
regia Annalisa Limardi
THE THREE OF US
di Collettivo SicilyMade
con Amalia Borsellino, Marta Greco, Silvia Oteri, Simona Miraglia
CATANIA OFF FRINGE FESTIVAL | 24 ottobre 2024, Zo Centro Culture Contemporanee
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.