FRANCESCA POZZO / Pac Lab* | Un ronzio a luci soffuse. Come diventare ricchi e famosi da un momento all’altro si apre così, con una scala che spunta dall’estremità sinistra del palco e un uomo vestito da apicoltore. Al centro invece svettano una serie di pannelli gialli, nascosti uno dietro l’altro, da lì fuoriescono gli altri attori e dispongono le pareti in fondo, fino a creare una barriera. Quando la penombra si interrompe, i primi elementi che saltano all’occhio sono forme e colori: tutto ciò che è presente in scena richiama il lavoro dell’apicoltore Ferdi (Giusto Cucchiarini), dai toni del miele fino ai motivi geometrici delle arnie. Lui assume il ruolo di narratore e rompendo la quarta parete, ci cala nella vicenda: la sua compagna Marta (Serena De Siena) è appostata fuori dall’asilo perché vuole invitare a casa l’attrice Chiara Velati (Silvia Valsesia), le rispettive figlie, Emma e Blu, sono infatti compagne di scuola e il compleanno di Emma sembra l’occasione perfetta per avvicinarsi allo star system.
Chiara viene introdotta in una schiacciante posizione di potere: inerpicata sulla scala con i capelli tirati indietro da un gel dorato, mentre guarda l’altra dall’alto in basso. Il dialogo si sostiene su serrati ritmi comici e ci propone un confronto in cui il divario sociale è evidente persino nei dettagli: nel modo di parlare ma anche nelle gestualità che le attrici mantengono quasi sempre su ritmi diversi, opportunamente sfasati. In particolare sono i costumi – da una parte patinati, dall’altra curati ma modesti – a rivelare le loro debolezze: l’abito svasato anni ’50 richiama un’insoddisfazione casalinga, mentre gli occhiali scuri sono un correlativo oggettivo della cecità di Blu, una condizione che addolora e allo stesso tempo identifica Chiara, che ha raggiunto il successo denunciando sul web la condizione della bambina.
Quando la showgirl accetta l’invito, le scenografie si spostano, mostrando i preparativi. Tutto deve essere perfetto, secondo il copione della desiderabilità sociale. Ma non manca l’imprevisto: all’evento si presenta anche il cognato di Marta, Carlo (Tomas Leardini), bizzarro e antisociale, ha un compito in apparenza semplice: far conversazione e menzionare, en passant, l’attività pittorica della piccola Blu e indurre così Chiara a sponsorizzare il progetto artistico infantile sui propri social. Carlo però non capisce come i disegnini possano essere equiparati a un impegno artistico e, rimasto solo con Ferdi, si mette a discutere sul senso dell’arte.
Dalla drammaturgia di Emanuele Aldrovandi emergono interrogativi profondi: come si differenzia l’arte dalla tecnica? Qual è il ruolo dell’artista in un mondo sempre più regolato dalle logiche della visibilità? Le risposta non arrivano e Carlo continua a trovare più rassicurante il proprio ambiente, quello degli scacchi, dove i numeri e le mosse dettano legge e dove il quarto in classifica è sicuramente più bravo del quinto.
Quando Chiara finalmente arriva, i pannelli si spostano ancora: così lo spazio – che inizialmente giocava molto con i margini – comincia a restringersi, e di pari passo la distanza fra i personaggi diminuisce, ostruendo le vie di fuga e rivelando le fallibilità dei loro intenti. Arrivati a questo punto però, il continuo avanti e indietro delle scenografie diventa un fattore di distrazione, così come i movimenti degli attori che non sempre sfruttano i nuovi perimetri creati. Questa confusione riflette forse un’idea registica che si focalizza sul dare stimoli allo spettatore, anche troppi. Un esempio sono proprio i segni visivi che popolano la scena, tutti inerenti al mondo delle api, che risultano più estetici che funzionali. Al contrario, invece, ciò che esula dalla vista risulta più efficace, come i suoni di giochi, le risa e l’assenza delle bambine, che rappresentano solo un modo per far collidere due visioni contrapposte: quella di chi ce l’ha fatta e quella di chi ogni anno durante le vacanze si chiede se la vita finisca lì, fra il dovere e il riposo forzato dei mesi estivi.
La festa inizia e in una serie di divertenti equivoci, la verità viene a galla e naturalmente a svelarla è Carlo. Durante il climax si nota ancora la contrapposizione fra i personaggi che interpretano la parte delle “persone normali” e coloro che invece, con i loro difetti, danno corpo alla storia. Leardini con la sua recitazione piacevole e fuori dalle righe rappresenta il motore comico della vicenda, mentre a De Siena è affidata la profondità drammatica del testo, l’attrice riesce bene a sostenerla, soprattutto nel momento in cui le due madri arrivano a confronto.
L’ultimo evento importante si verifica fuori scena: Emma, in preda all’ansia, ha imbrattato le opere di giallo. Però non tutto è perduto, ricorda Carlo: infatti prima l’arte si fa e poi si spiega. Si mettono tutti d’accordo e trasformano il gesto in performance art, confezionando una narrazione che contrappone la natura e l’uomo che la rovina.
Come prevedibile, con questo storytelling le vendite schizzano e la famiglia diventa finalmente ricca e famosa. La partita è salva, hanno vinto e l’hanno fatto in poco tempo. Tutti ballano, denudandosi fino a rimanere in biancheria, sotto le luci psichedeliche che ricordano i flash dei paparazzi. E sembrano non voler smettere mai di danzare su quella musica fino a quando una voce fuori campo li interrompe. È Emma, distorta da quella che sembra essere un’intelligenza artificiale, che annuncia il proprio suicidio: non ha retto il peso della celebrità e non riesce a sopportare di aver vissuto in pochi mesi ciò che di solito arriva nell’arco di una vita.
O forse è solo un audio fasullo, rilasciato a scopo di marketing, perché in fondo “ogni pubblicità è buona pubblicità”. Non si può sapere, come non si può definire se in fin dei conti l’arte sia di chi la produce o di chi la guarda.
COME DIVENTARE RICCHI E FAMOSI DA UN MOMENTO ALL’ALTRO
testo e regia Emanuele Aldrovandi
con Giusto Cucchiarini, Serena De Siena, Tomas Leardini, Silvia Valsesia
scene Francesco Fassone
costumi Costanza Maramotti
luci Antonio Merola
ambiente sonoro Riccardo Tesorini
movimenti Olimpia Fortuni
aiuto regia Luca Mammoli
trucco Giorgia Blancato
realizzazione maschera Micol Russo, Cristina Ugo
collaborazione realizzazione scena Jessica Koba
collaborazione realizzazione costumi Nuvia Valestri
grafiche Anna Resmini
Associazione Teatrale Autori Vivi
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale – Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale
Teatro Gobetti, Torino | 6 novembre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.