EUGENIO MIRONE | L’acronimo NPC significa “non-playable-character”, è un termine preso in prestito dal mondo del gaming e si riferisce all’insieme di quei personaggi non controllati direttamente dal giocatore che completano l’universo di un videogioco in quanto programmati per eseguire compiti precisi.
Negli ultimi tempi si è sviluppato un forte parallelismo tra la realtà e questi personaggi, la cui caratteristica primaria consiste nel fatto di non essere dotati di libero arbitrio. Il 2023 è stato l’anno di esplosione di questo fenomeno sviluppatosi a tal punto che oggi gli NPC streamers, ovvero persone che eseguono prompt inviati dai follower in live-stream in cambio di token spesso con finalità erotiche o feticiste, hanno un seguito enorme sulle piattaforme social, in particolare su TikTok dove personaggi come Nautecoco e PinkyDoll vantano migliaia di partecipanti alle loro live-stream.
Non sono tardate ad arrivare anche le preoccupazioni degli esperti secondo i quali queste pratiche alimenterebbero la dimensione voyeuristica dell’utente, quel desiderio di rimanere ipnotizzati per evitare di doversi sforzare a pensare. Durante queste dirette streaming, infatti, il pubblico subisce passivo lo svolgersi di un contenuto sempre uguale e privo di rielaborazione creativa nell’illusione di poter dominare la persona al di là dello schermo. Perché impegnarsi in una relazione per cui bisogna investire tempo ed energie quando con qualche clic posso avere il rapporto che desidero?
Non Player Human, l’ultimo lavoro di Simone Arganini e Rocco Punghellini, pone al centro questo singolare fenomeno che i due autori interpretano come un esempio rivelatore del «radicale cambiamento di paradigmi che stiamo continuamente sperimentando nella società post-digitale». Durante la performance verrà avviata una live-stream della durata di un’ora sulla piattaforma Twitch con l’obiettivo di ridurre il campo di libertà del performer che si trova al suo interno, Filippo Arganini. Le sue sorti verranno messe nelle mani di un pubblico sconosciuto e indefinito che con le sue scelte potrà influenzare l’andamento della performance.
Non Player Human è uno dei quattro lavori vincitori del bando Residenze Digitali, il progetto che fornisce agli artisti selezionati l’opportunità di sviluppare le proprie opere pensate per abitare lo spazio digitale attraverso un percorso annuale di affiancamento con figure esperte delle tecnologie applicate in campo artistico.
Un momento centrale dell’esperienza è senz’altro l’incontro con il pubblico che anche quest’anno avrà modo di assistere alle restituzioni dei progetti, sia live che da remoto, durante la Settimana delle Residenze Digitali in programma dal 28 novembre all’1 dicembre (qui il calendario). In vista delle restituzioni abbiamo avuto modo di confrontarci con Simone Arganini, danzatore membro di ColletivO CineticO oltre che autore e sound designer, che di Non Player Human ha curato la scrittura e la regia insieme a Rocco Punghellini.
Simone, come sei giunto a intercettare il mondo NPC e perché ti ci sei soffermato all’interno della tua ricerca artistica?
In realtà ci sono arrivato in conseguenza al fatto di esser venuto a conoscenza del progetto Residenze Digitali. Io comunque come artista sono molto contaminato dall’utilizzo della tecnologia e inoltre mi sono anche formato nell’ambito della musica elettronica. Sono abbastanza un nerd, per cui già in altri lavori ho integrato la parte performativa con quella tecnica e per lo stesso motivo avevo già adocchiato da qualche anno Residenze Digitali.
Una volta che ho deciso di partecipare, ho chiesto a Rocco Punghellini di collaborare con me. Lui ha in realtà un profilo diverso, è un graphic designer e sviluppatore web con tendenze artistiche spiccate. Siamo partiti dall’idea dell’interattività e quindi del controllo che il pubblico poteva avere sul performer ed è saltata fuori questa figura del “non playable-character”.
Il fenomeno ha avuto un’autentica esplosione l’anno scorso, specialmente in seguito al successo di alcuni streamer che su piattaforme come TikTok e Twitch si prestano a eseguire ciò che il pubblico chiede loro. In seguito, provenendo dal mondo performativo, ho agganciato questo fenomeno al riferimento di Rhythm 0 di Marina Abramovic. L’ambiente però in questo caso è domestico: è un po’ come se entrassimo nella vita quotidiana di questo non-player character, che poi noi nel titolo abbiamo modificato in human.
Il concetto di libero arbitrio è alla base della ricerca, dal comunicato si legge: «Non Player Human è il tentativo dell’io di ridurre il suo campo di libertà fino a farsi oggetto, delegando a un pubblico sconosciuto e indefinito la possibilità di decidere collettivamente le sue sorti». Ma è davvero così o forse il pubblico è il vero schiavo?
Siamo partiti da una riflessione simile per il nostro lavoro e cioè dalla visione dello spazio web come un rifugio esistenziale. Per molti purtroppo il mondo online è un tentativo di fuga dalla realtà e senz’altro il fenomeno degli NPC streamer ha un forte connotato in tal senso. Mi ricorda molto il gioco alle slot machines, il meccanismo infatti è simile: le persone inseriscono compulsivamente soldi per ottenere una piccola quantità di soddisfazione in cambio.
Questa cosa un po’ ci piace riportarla nella nostra performance con la differenza che gli spettatori fra loro creano un gruppo che, pur non vedendosi in faccia, si relaziona al proprio interno. In un certo senso la relazione è più forte di quanto non avvenga ad esempio in uno spettacolo perché si viene messi a contatto con la volontà degli altri e si gioca in un rapporto di accordo oppure di disaccordo.
Quindi per certi versi il grado di libertà è maggiore, anche se comunque il pubblico è ingabbiato nel nostro gioco drammaturgico. Quel che si crea è infatti un ulteriore livello basato sulla percezione del game master (che saremmo un po’ io e Rocco), vale a dire colui che ha costruito le domande e le rivolge agli spettatori. Durante la performance non si manifesta ma il pubblico ne avverte la presenza.
Come avete lavorato insieme tu e Rocco Punghellini, vista la diversità dei vostri profili?
Durante la prima fase abbiamo buttato giù il progetto insieme. Dato che avevamo a disposizione il nostro palco, che sarebbe stato letteralmente casa mia, abbiamo fatto delle prove, delle improvvisazioni sulla base di azioni quotidiane. Con l’idea poi che fosse una performance in video abbiamo disseminato la casa di videocamere per filmarci.
Abbiamo messo le mani in pasta fin da subito insieme, soprattutto nella scrittura. A un certo punto abbiamo deciso che la performance si sarebbe dovuta sviluppare su una specie di albero di decisioni, che quindi poteva diramarsi in tante direzioni a seconda delle decisioni del pubblico. A esso forniamo, infatti, delle domande a risposta multipla e con una votazione si decide come la performance deve proseguire oppure che cosa deve fare mio fratello Filippo, il performer, in quel certo momento.
Abbiamo avuto la fortuna di avere avuto un riscontro con il pubblico in un paio di piccole occasioni che ci hanno permesso di incanalare nella giusta direzione la scrittura del copione, che si è svolta specialmente durante la residenza ad Armunia. Infine abbiamo adoperato le nostre competenze più specifiche. Diciamo che di solito alla mattina ci occupavamo della scrittura e quando eravamo ormai fusi, alla sera, ci dedicavamo alla parte tecnica.
Abbiamo sviluppato tutto noi senza l’aiuto di collaborazioni esterne. Io mi sono occupato della creazione dei suoni mentre Rocco delle grafiche e di tutta l’impalcatura per la messa in scena in streaming. Da ultimo andava progettata la regia della stream dal vivo, compito che è spettato a me, mentre Rocco durante la performance sarà il cameraman che segue Filippo per casa.
Vi hanno aiutato i tutor in questo processo?
Con Laura Gemini e Anna Maria Monteverdi abbiamo avuto un dialogo soprattutto nelle fasi iniziali, per definire il concept e la direzione che avremmo potuto dare al lavoro. In seguito, abbiamo continuato ad aggiornarci negli incontri mensili con tutti i partner, i tutor e gli artisti.
Una volta che abbiamo imboccato la nostra strada e durante la residenza siamo stati molto in full immersion tra di noi. Abbiamo avuto però un bellissimo incontro con Angela Fumarola (direttrice di Armunia n.d.r.). Lei e un piccolo gruppo di performer ci hanno dato la possibilità di fare un ulteriore test con il pubblico dentro al Castello Pasquini di Castiglioncello. In quel caso, tra l’altro, gli spettatori sono stati tutti quanti insieme in una stessa stanza a fruire dello spettacolo diversamente da quanto accade online su Twitch in cui la fruizione è singola.
A questo proposito, avete notato qualche differenza nelle scelte del pubblico tra la fruizione online e quella in presenza?
Non tanto proprio nelle scelte quanto più nel senso di comunità più forte che si è creato con il pubblico in presenza. Stando a contatto con gli altri spettatori è più facile discutere con chi c’è vicino oppure attivare il pensiero sul fatto che ci sono altre persone intorno a te, può venir da chiedersi cosa stiano votando.
Sia online che in presenza, però, si attiva un’altra dinamica interessante: da un lato si realizza che non è possibile fare ciò che si vuole perché non si è soli; ma allo stesso tempo ci si sente più facilitati a decidere liberamente dato che non si ha in mano la responsabilità del potere assoluto. È un’altra questione interessante che lo spettacolo solleva. L’impostazione è comunque piuttosto strutturat, ma il ventaglio delle scelte resta ampio e spazia dal prendersi cura delle condizioni del performer fino alla possibilità di infierire su di esso.
Infine, siamo molto curiosi di vedere cosa può succedere con un pubblico numeroso dato che finora i test che abbiamo compiuto hanno coinvolto un numero abbastanza ristretto di persone. Anche l’elemento della chat può rivelarsi interessante. Non sarà, infatti, solo il luogo delle votazioni ma verrà lasciata aperta; pertanto, con un pubblico numeroso è possibile che si inneschino discussioni interne o si creino piccole fazioni. Non ci resta che attendere il confronto durante la settimana di restituzioni.