ELENA SCOLARI | Il Teatro della Tosse si chiama così perché la sua prima sede era un teatrino di poco più di cento posti in una vecchia strada di Genova che si chiama ancora oggi Salita della Tosse, per via della statua votiva alla Madonna della Tosse. Questa gloria teatrale italiana compirà 50 anni nel 2025 e in questi tanti anni ha percorso mille strade, dal quel piccolo teatrino fino a diventare un punto di riferimento culturale imprescindibile per la città. Ha saputo conservare e coltivare uno spirito, sempre rivolto al pubblico. Pare banale, ma non lo è.
Tra le tante attività, la Tosse ha sempre dato grande e intelligente attenzione al teatro per ragazzi, settore in cui ha prodotto alcuni gioielli già a metà anni ’70, quando non era affatto usuale che una Cooperativa teatrale – seppur già con prospettive luminose – vi si dedicasse. Per essere più precisi, Tonino Conte, che fu tra i fondatori della Tosse con Emanuele Luzzati, Aldo Trionfo e altri nel 1975, in un’intervista con un giovane Renato Palazzi, già allora sosteneva che non ci fosse bisogno di fare spettacoli esclusivamente per bambini e ragazzi perché ci sono molti modi di leggere un’opera teatrale, tanti livelli e registri e ogni spettatore ci mette del suo; se il linguaggio – visivo ed estetico – è accurato e pensato saprà parlare a tutte le età. Come fu per l’Ubu re di Alfred Jarry, la cui bellissima  e spiritosa immagine di locandina, disegnata da Luzzati, è ancora oggi il logo della Fondazione Luzzati -Teatro della Tosse.
Se questa affermazione ci sembra familiare è perché, 50 anni dopo, ancora si discute in termini non molto più evoluti degli “steccati” tra generi e destinatari. Va detto che non è un’impresa facile confezionare uno spettacolo ‘perfetto’ per tutti, come fu quell’Ubu rimasto nella memoria di tanti spettatori. Bisogna saperlo fare. E avere uno scenografo come Lele Luzzati era un atout ineguagliabile, la sua fanciullesca e ironica immaginazione sapeva creare un mondo dove tutti avremmo voluto entrare.

E così, per entrare meglio in questo mondo abbiamo posto qualche domanda a Maria De Barbieri, anima storica del Teatro della Tosse e tuttora impegnata nel campo del teatro per ragazzi.

In cosa ritieni che il Teatro della Tosse sia stato pioniere rispetto al settore del teatro ragazzi?

Tonino Conte ha iniziato il suo percorso teatrale con un Ubu re che ha girato i Festival Universitari Europei ed è stato anche premiato per questo. Certamente Ubu era nato dalla fantasia irridente di uno scolaro, e forse questo ha influenzato il successivo cammino di Tonino.
La chiamata successiva, dovuta al grande clamore di quello spettacolo, era stata di Paolo Grassi dal Piccolo Teatro di Milano, e proprio per uno spettacolo per i ragazzi: C’era una volta e adesso c’è ancora. Uno strepitoso successo, a giudicare dal numero di repliche, credo più di 100 in quell’anno; allora a organizzare era Renato Palazzi, ai suoi inizi come operatore di teatro.
E così, il Teatro della Tosse ha avuto da subito nel suo DNA il Teatro per ragazzi. Un teatro per ragazzi, che, come spiegava Tonino a Palazzi, doveva essere fatto per bene, come se fosse uno spettacolo per adulti, anche se con un linguaggio più visivo e più semplice. La prima tornata di spettacoli per ragazzi fu proprio il progetto “Quattro classici per la scuola”: Il ciclope di Euripide, nella traduzione di Camillo Sbarbaro, poi Amleto, Sganarello medico per forza, e per ultimo Arlecchino va alla guerra, da Goldoni.

ph. Donato Aquaro

Sembra una scelta ‘classica’, ma in realtà era anticonvenzionale: allora si parlava di animazione, di mettere in scena la creatività dei ragazzi; questo è stato, invece, un modo di affermare che anche il teatro per ragazzi ha una profonda radice culturale. Ci si deve divertire, certo, ma ricordando anche i temi profondi che vengono dal cuore della civiltà umana.

Esiste dunque una cifra distintiva delle produzioni ragazzi targate Tosse?

La cifra è la cura nell’allestimento degli spettacoli, devono essere costruiti senza badare a spese e non come spettacoli risparmiosi per sfruttarli con le repliche scolastiche. Soprattutto all’inizio, sono stati realizzati spettacoli con molti attori, scene importanti, tantissimi costumi. Ricordo un’incantevole Regina in berlina, con un cast veramente numeroso. A questo  proposito ricordo che presto verrà riallestita La favola del flauto magico (da Mozart) con orchestra e cantanti.
Ci fu poi il successo di Recitarcantando, spettacolo che raccontava, in più episodi, la struttura dell’opera lirica, che ebbe l’onore di una splendida recensione di Edoardo Sanguineti, il quale non si perdeva nessuno spettacolo del Teatro della Tosse e non mancava di scrivere le sue osservazioni, come le critiche fatte ai Tre nasoni.
Aggiungo che lo spirito giocoso, con un fondo di infantilità (non infantilismo) accomunava Tonino e Lele Luzzati. Ricordo un’intervista sul palco con Rosanna Cancellieri per il TG3 in cui Tonino presentava sé stesso e Luzzati dicendo: «In fondo siamo ancora dei bambini, solo che io sono il bambino cattivo, mentre Lele è il bambino buono».

In cosa è mutata il “marchio” Tosse nel tempo fino a oggi?

Nei calendari degli ultimi anni del Teatro della Tosse conta molto più il concetto di “stagione per i ragazzi”, ovvero un calendario settimanale al Teatro Sant’Agostino di Genova che offre una varietà di proposte, molteplici e numerose, scelte con molta intuizione da Daniela Ottria, e di fenomenale successo.

Pinocchio a Pescia

Negli anni precedenti contava molto di più, anzi, quasi esclusivamente, la produzione degli spettacoli del Teatro della Tosse. Spettacoli sempre molto curati, ma senza dubbio, essendo destinati anche alle tournée, più agili e ridotti nel numero degli interpreti. Questo calendario di spettacoli per ragazzi, per molte domeniche da novembre ad aprile, ha senz’altro reso l’offerta di teatro per ragazzi più legata alla sua funzione nella città.

Qual è il più importante obiettivo del portare i bambini e i ragazzi a teatro?

Portare a teatro bambini che forse non andrebbero mai a teatro – questo vale soprattutto per le recite scolastiche – a prezzi davvero molto ridotti ha una funzione sociale importantissima. Così come ce l’ha la domenica delle famiglie, che stimola adulti e bambini a uscire dal corto circuito dei divertimenti virtuali – e anche dagli impegni imperativi di sport, danza, e allenamenti vari che occupano le agende dei ragazzi, manco fossero amministratori delegati – per portarli a vedere persone vere in carne e ossa che entrano in un rapporto reale e personale con gli spettatori: la magia del teatro che possiamo leggere nei visi estatici soprattutto dei bambini più piccoli, che assaporano ogni momento e ogni sorpresa “bouche bée” (cioè, a bocca aperta), è un accadimento che non smette di commuovere e di stupire noi adulti, uno spettacolo quasi più bello e attraente di ciò che avviene sul palco.

ph. Donato Aquaro

La Stagione Tosse in famiglia 2024/25 è ora in corso e viene dopo il successo delle 21.000 presenze nel 2023/24! A testimonianza di quanto i piccoli spettatori amino farsi raccontare storie da attori in carne e ossa. La nuova programmazione propone ai Teatri di S. Agostino e al Teatro del Ponente di Genova Voltri un cartellone di 32 titoli, per 71 repliche totali, tra pomeridiane e mattutine, con numerose iniziative collaterali tra laboratori e raccolte fondi. Un programma ricco ed eterogeneo che porta in scena le migliori compagnie provenienti da tutta Italia, offrendo un viaggio tra le diverse tecniche teatrali, tutto pensato per le giovani generazioni cui, da 19 anni, viene dedicata una stagione teatrale a tutti gli effetti – la più lunga, longeva e seguita di tutta la Liguria, e una delle più importanti a livello nazionale – destinata sia al pubblico delle famiglie che a quello delle scuole.
Daniela Ottria, responsabile della programmazione, tiene a sottolineare proprio il carattere di “vetrina” di linguaggi e tecniche che la Stagione Tosse in famiglia vuole offrire al proprio pubblico: un catalogo variegato e vivo di ciò che avviene nel teatro per giovanissimi in Italia: «Tanti spettacoli e tanti generi diversi, ispirati alle grandi fiabe e ai classici della letteratura, senza trascurare la nuova drammaturgia, per un calendario attento al divertimento e allo stimolo dell’immaginazione, ma anche ai grandi temi del presente, per attraversare questo tempo con occhi attenti, orecchie aperte, bocche spalancate dallo stupore e, soprattutto, cuore e mente liberi».
Daniela ha l’impressione che negli ultimi anni i bambini e i ragazzi, fuori dal teatro e quindi nella vita quotidiana, siano meno propensi al dialogo a quattr’occhi, alla conversazione diretta, ma osservandoli in sala si scopre che sono, invece, attenti e vivaci, sia nell’osservare, sia nel confrontarsi con gli attori, dopo lo spettacolo.
Che ci sia una relazione tra la vita in scena e la vita in platea?
Anche per indagare questo rapporto tra sogno e racconto pulsante, a Daniela Ottria piacerebbe, un giorno, organizzare a Genova un intero festival dedicato ai piccoli spettatori.