RENZO FRANCABANDERA | Se dopo sei anni dalla sua creazione uno spettacolo gira ancora vuol dire di solito che ha due caratteristiche fondamentali: 1- è bello. 2 – costa poco.
E questo sicuramente è il caso di Quintetto di Marco Chenevier, tuttofare del teatrodanza: coreografo, danzatore, regista e attore, valdostano, attivo fra l’Italia e la Francia, per sette anni assistente di Isaac Alvarez presso il Théâtre du Moulinage a Lussas (Francia).
Continua a sviluppare un percorso di ricerca a cavallo tra i generi, anche in qualità di direttore artistico della compagnia valdostana TiDA Théâtre Danse; è promotore di T*DANSE – Festival Internazionale della Nuova Danza di Aosta. Lo abbiamo intervistato l’anno scorso per PAC.
E lo abbiamo rivisto in scena con il suo cavallo di battaglia, Quintetto, ospitato all’interno della terza edizione di Trasparenze Stagione, promossa da Teatro dei Venti presso la propria struttura, il Teatro dei Segni a Modena: il festival è iniziato il 24 ottobre con il concerto di Mariama, cantautrice e interprete originaria della Sierra Leone, e prosegue ora con un cartellone di sette spettacoli di teatro, danza, progetti socio-culturali e incontri, a cura del gruppo di giovani spettatori critici della Konsulta.

Ma torniamo a Quintetto, non per aggiungere altro, rispetto a quanto già abbondantemente venuto fuori sulla stampa a proposito dello spettacolo, che ha sempre riscosso clamoroso successo sia in Italia che all’estero, dove è stato inserito nella “Top 10 Comedy 2016” del quotidiano inglese “The Guardian”, è stato Spettacolo vincitore del Be Festival – Birmingham 2015, e ottenendo il secondo premio del pubblico al Mess Festival – Sarajevo 2015, il primo premio per la danza contemporanea al Sarajevo Winter festival – 2013 e risultando secondo classificato al Next Generation festival – Padova 2013.

Quintetto di Marco Chenevier/Aldes

Piuttosto, la cosa più interessante di questa creazione coprodotta da TiDA insieme ad ALDES (associazione di artisti e operatori culturali che dal 1993, sotto la direzione di Roberto Castello, produce e promuove opere di sperimentazione coreografica con particolare attenzione alle forme di confine fra danza e altri linguaggi), è il fatto che con un certo pionierismo pieno di ironia, il coreografo in Quintetto già compie sei anni fa due operazioni ora assai in voga (cosa che certamente rende lo spettacolo attuale e non superato): in primis prende in considerazione il pubblico non solo come referente, ma come partecipante e attore dell’azione scenica (intervallata da un monologo introduttivo iniziale e da diversi pregevoli assoli di improvvisazione danzata da Chenevier stesso); in secondo luogo, mette in evidenza in modo chiaro il pericolo estremo di questo, l’improvvisazionismo, deriva finale della forma democratica dell’arte, in cui l’accesso in scena al dilettante rischia di mescolare la sacra improvvisazione con l’improvvisarsi.

In sostanza il protagonista ad inizio spettacolo dice: doveva essere una Quintetto, ci hanno tagliato i fondi, io ci sono, se quattro di voi salgono sul palco e mi aiutano, due o tre si mettono alle luci e un altro paio al mixer musica, qualcosa la arrangiamo e via!
Ovviamente il tutto prende ben presto la via di comicità sfrenata, perché Chenevier gioca con i volontari e ne viene fuori una creazione che non di rado piega il pubblico in due dalle risa, pur contenendo momenti di bellezza danzata, affidati all’interprete.
Unknown.jpegQuintetto favorisce peraltro una riflessione quantomai attuale su questo stesso elemento, presente in forma violenta nella società, in cui scambiamo, dalla politica alle scienze, e fomentati dalla facilità di scambio dell’informazione, la capacità di chi ha l’abilità di governare processi complessi con pochi tocchi di sapienza, con la possibilità che gli stessi pochi tocchi possano essere fatti da chiunque con uguale resa.
Per tale motivo Chenevier non “aiuta” gli spettatori sul palco, li lascia in balia delle loro scelte, rendendo il tutto ovviamente ironico e godibile ai partecipanti in primis, e al pubblico in sala a seguire, un pubblico che finisce per andare in solluchero e salutare la fine dello spettacolo con un tripudio divertito.
Ma ciò nonostante, la vera e secondo me più profonda ragione d’essere di questo spettacolo (poco poco lunghetto nel proemio introduttivo che può anche essere asciugato senza che il confine realtà-finzione abbia a soffrirne, e poi fantastico nel seguito) è proprio la riflessione quantomai attuale sul confine fra improvvisare e improvvisarsi, sul detenere una conoscenza ed esercitarne l’utilizzo in modo leggero, e invece pretendere senza avere alcuna formazione, di agire la forma spettacolare con l’abilità di un artista.
Fare arte è un mestiere. Che richiede impegno e migliaia di ore di applicazione e presenza. Anche se la mamma o la nonna non lo ammetteranno mai, fare l’artista è un mestiere.
Mal pagato, OK. Ma è un mestiere.

                                                                           *  *  *

Trasparenze Stagione continua a novembre, dopo “Quintetto”, con Per la ragione degli altri della compagnia Alchemico Tre; nel mese di dicembre arrivano i Sotterraneo con Homo Ridens _ Modena + Dizionario minimo del riso; nel 2020 da gennaio in poi sarà la volta della Compagnia Berardi Casolari con Amleto take away, La delicatezza del poco e del niente e Lenz Fondazione con Hamlet solo, all’interno del progetto Teatro e Salute Mentale. Si conclude nel mese di marzo con lo spettacolo Incerticorpi del Teatro dei Venti.
La rassegna è organizzata da Teatro dei Venti e ATER – Circuito Regionale Multidisciplinare, con il patrocinio del Comune di Modena e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena nell’ambito del progetto Andante.

 

QUINTETTO

Di e con Marco Chenevier
produzione ALDES e TIDA (2013, con il sostegno di Mibact e Regione Autonoma Valle d’Aosta)
con il sostegno di MIBACT/Direzione Generale Spettacolo dal vivo, REGIONE TOSCANA/Sistema Regionale dello Spettacolo