MATTEO BRIGHENTI | Le luci sono spente, il sipario è calato, come il vento che nell’ultimo fine settimana ha scompigliato alberi e capelli. Chiusi, provincia di Siena, torna alle pedalate dei ciclisti, alla normalità dei suoi abitanti. È il giorno dopo OrizzontiFestival. Nonostante i suoi titoli di coda siano scritti con caratteri di grande stanchezza, per il direttore artistico Andrea Cigni il dopo è già avanti, è #Vita2017, la nuova edizione, la sua quarta, dal 28 luglio 6 agosto prossimi. E vita sono anche le sue nozze, tutte ancora da organizzare.
Doveva lasciare quest’anno, il premiato regista d’opera e direttore del Conservatorio di Musica di Cremona ‘Claudio Monteverdi’, 40enne toscano di Castiglioncello, provincia di Livorno. Così era scritto nel bando triennale promosso dalla Fondazione Orizzonti d’Arte per ‘rinnovare’ il proprio Festival. E invece, seduti a un tavolino del Barretto Hakuna Matata nel giardino di Piazza del Duomo, cominciamo la nostra conversazione proprio dal suo futuro a OrizzontiFestival, di cui resta alla guida per altri tre anni, il tempo necessario per ‘mettere in sicurezza’ il lavoro fatto e costruire le condizioni per un domani senza di lui.
Un domani che affonda le radici in ciò che la manifestazione chiusina è (diventata) oggi per la comunità locale e teatrale nazionale: un ‘catalizzatore di talenti’ che, dal 29 luglio al 7 agosto scorsi, ha richiamato nel piccolo borgo senese per #Follia2016 Ricci/Forte, CollettivO CineticO, la Compagnia Abbondanza/Bertoni, la Compagnia Zappalà Danza, Quotidiana.com, la soprano Maria Billeri, che nel 2017 sarà Norma. E poi la Traviata diretta dal maestro Sergio Alapont, l’Amleto di Roberto Latini, i Testori ed Henry James di Valter Malosti, Paolo Panaro, il duo Baglini/Chiesa. Nella serata finale, Arturo Brachetti ha ricevuto il Premio Orizzonti dalle mani di Pino Strabioli.
Andrea Cigni resta a Chiusi.
“Il Festival è l’anima di chi lo ha pensato, il progetto si regge, si aggrappa intorno a una persona, semplicemente perché deve esserci un pensiero comune. OrizzontiFestival ha un’identità che è la proiezione dei miei interessi, ma io non sono il protagonista, sono al servizio di questo evento. Non lo faccio per i soldi, sono ancora a zero euro, ma per un senso di sfida con me stesso: mi sento vivo quando faccio teatro”.
Cosa porta con sé nel 2017?
“Un programma triennale riconosciuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo tra i Festival multidisciplinari e la spinta ad altri due anni, il 2018 e il 2019. Poi, coltivo la speranza di trovare una persona che abbia voglia di accettare la sfida della direzione artistica. Nessuno è eterno e io non mi ritengo per sempre, sono disponibilissimo a farmi da parte, purché si mantenga vivo lo spirito del Festival, l’amicizia, l’energia, l’affetto tra le persone. Chi verrà dopo di me dovrà voler bene a quello che abbiamo creato, perché è un posto unico, e non dovrà usarlo per se stesso, ma esserne, lo ripeto, al servizio”.
I suoi primi due anni a Chiusi non sono stati facili. Oggi, però, assistiamo a una #Follia2016 che ha raccolto consensi non solo tra gli operatori del settore, ma soprattutto nella città.
“Si è capito che un’alternativa alla cultura non c’è in posti come questo. Non esistono le grandi aziende, né le multinazionali. Ora bisogna lavorare per dare continuità, pensare alle attività invernali, come laboratori, residenze. Chiusi deve diventare la città del teatro, questo è il mio sogno. OrizzontiFestival è il tetto di una casa che dobbiamo costruire. Noi siamo arrivati e abbiamo fatto una piccola invasione, sana, bella, secondo me. OrizzontiFestival ha 3 anni di vita, nonostante sia la XIV edizione, perché sì, è così, senza voler dire che prima non c’era niente, c’era, ma aveva un’altra modalità. Quando sono venuto la prima volta, il 13 agosto 2013, c’erano un ragazzetto che tirava pallonate in Piazza del Duomo e due anziani su una panchina, che ci sono ancora, e magari sono tra quelli che denigrano il Festival, che dicono che abbiamo rubato loro l’estate perché chiudo quella panchina dove stanno seduti tutto l’anno [l’articolo a cui si riferisce Cigni, La follia del furto di un pezzo d’estate, è stato pubblicato su ChiusiBlog, ndr]”.
Perché ci si lamenta, secondo lei?
“Tanto per lamentarsi. OrizzontiFestival è uno dei festival più interessanti che abbiamo in Italia. Punto. Quale altro paese da 1.800 abitanti ha un’offerta come la nostra? Con 180mila euro di budget, che spendiamo prima di tutto per il palcoscenico. Serviamo 4.400 pasti, 1.800 pernottamenti, il 70% delle risorse resta sul territorio. Ai negozianti, il Festival non risolve un mese, ma una stagione intera. Il pubblico vede spettacoli, il commerciante vede il cassetto. Quindi Chiusi vive del Festival. Poi, c’è la risposta degli artisti. Mi ha scritto Michele Abbondanza: è stata una delle esperienze più belle che abbia fatto nella sua carriera. E anche gli stagisti arrivati quest’anno hanno avuto la stessa sensazione. La strada, allora, è giusta. È quello che vorrei vivere io quando vado ospite in un festival”.
Più diventerete importanti più aumenterà la tentazione di qualcuno di metterci il ‘cappello’ sopra…
“Finché ci sono io di ‘cappelli’ non se ne mettono. Mi sono tirato dietro molte critiche gratuite, ho sentito dire da altri direttori di festival le peggio cose su di me, ma io la sera vado a letto sereno. Questa città può diventare un paradiso del teatro per tutti. Qualcuno ha parlato di fenomeno OrizzontiFestival, forse ha ragione. In questo periodo così depresso, dove i ‘cappelli’ sono serviti a creare carrozzoni che pensano solo all’apparato, qui c’è un’inversione di tendenza, grazie anche a un’amministrazione comunale che mi segue e non fa ingerenze politiche. Mi sento libero e non mi riconosco in niente se non nella missione del teatro”.
Chi sono i direttori di cui parla?
“Non lo dico nemmeno sotto tortura”.
Se venisse meno questa libertà finirebbe anche il suo impegno?
“Non avrebbe alcun senso continuare”.
Tra le novità di quest’anno c’è la collaborazione con l’Orchestra dell’Opera Italiana che, insieme a Sinapsi Group, ha reso possibile la creazione dell’Orchestra di OrizzontiFestival. Viene così accantonata la Compagnia di teatro, pensata per rinsaldare il legame tra Festival e territorio, rivelatasi qualitativamente ben al di sotto delle aspettative?
“L’Orchestra è fatta da tutti musicisti italiani, età media 23 anni, freschi di conservatorio. È stata in cartellone anche all’Amiata Piano Festival con un concerto trasmesso su Rai Radio3. Per la Compagnia speravo in una loro tensione a migliorarsi, ma ognuno fa teatro per il tempo che ha e per quelle che sono le sue conoscenze. Ho voluto dare spazio alle realtà locali perché non ne hanno dato a me quando ero a Castiglioncello, dove sono nato. Ci chiamavamo Teatro di Castiglioncello. Avevo fatto anche una rassegna nazionale di teatro giovanile: nel Castello Pasquini, ingresso a offerta libera, con un incasso di 14-20milioni in una settimana, in gennaio. Siamo riusciti a fare solo due edizioni, la prima nel ‘95, la seconda nel ‘97, avevo 21 e 23 anni. Io ho teso la mano spesso a Castiglioncello, ho offerto il mio contributo, gratis, ma nessuno mi ha mai risposto, nemmeno una volta [Renzo Francabandera ha scritto per PAC sulla situazione attuale di Inequilibrio Festival qui e qui, ndr]”.
Tornando a noi, quindi, che fine fa la Compagnia del Festival?
“Adesso pensiamo a un progetto formativo, alle Orizzonti Officine. Le abbiamo già attivate per i bambini, affidandole durante il Festival alla Compagnia I Macchiati. Presto lo faremo anche con i giovani e gli adulti, per formare attori professionisti. Si entrerà su audizione e non si pagherà nulla, a parte una quota di iscrizione. Questa sarà la fucina in cui costruiremo la Compagnia del Festival”.
Lavorerà per far ospitare la Compagnia nella stagione invernale del Teatro Mascagni, di cui magari assumerà anche la direzione artistica per dare continuità all’offerta culturale?
“Vedremo, ma la cosa bella è che io non sono accentratore. Qui ci sono tante persone valide, prime fra tutte Arianna Fè, segreteria artistica / direttrice di produzione di OrizzontiFestival, che collabora con me fin dall’inizio, Anna Pozzali, ufficio stampa, Daniele Cesaretti, responsabile tecnico. Non mi reputo un vecchio, ho 42 anni, però è giusto fare ciò che non hanno fatto con me: responsabilizzare ragazzi di 30 anni affinché si approprino di una struttura che è loro. Io devo essere presente quando servo, non quando non servo. E quando servo ci sono sempre”.
È così legato a Chiusi che si sposerà qui, è vero?
“Non dipende da me, ma dal mio compagno. Lui non vuole che faccia il Festival, perché mi porta via risorse, è tempo che tolgo alla vita nostra, di coppia. Però, dove altro potrei sposarmi?”
Comincia una nuova vita, dunque, personale e professionale. Non a caso, forse, il prossimo tema di OrizzontiFestival sarà dedicato alla #Vita2017. Cosa significa per lei?
“Arte come vita, vita contro la morte, arte e vita, teatro come specchio della vita. È l’importanza di sentirsi vivi, dando a noi stessi il senso di un progetto, di una missione: l’arte e la cultura si fanno speranza per qualcosa che non finisce, ma che ogni giorno si rinnova”.
La coppia di anziani a cui si riferisce il Cigni siamo noi. Se leggete il post di cui si parla vi accorgerete che il succo è: un bellissimo spettacolo fatto nel luogo più sbagliato che ci sia, cioè Piazza Duomo. Alcune precisazioni, Chiusi Città ha meno di 400 abitanti!
Si parla di Teatro, beh Chiusi ha un bel Teatro con un’ottima acustica e più post di quelli che offre la Piazza, ed è anche dotato di in impianto di climatizzazione che, però, ancora aspetta un ‘ motore’.
Mi dispiace solo di una cosa, di aver ‘urtato’ la sensibilità del Direttore Artistico, ma tutto ha un limite, anche la follia.